Graybar Hotel il caso editoriale degli Usa
Il caso editoriale che fa discutere gli Usa in questi giorni riguarda il libro The Graybar Hotel (L’albergo delle sbarre grigie, ndr) scritto da Curtis Dawkins. Nelle librerie statunitensi dal 4 luglio 2017, sembra destinato a scalare le classiche. Perché l’autore, Curtis Dawkins, non è uno scrittore come gli altri, ma un ergastolano reo confesso di omicidio e sequestro di persona.
Il clamore che accompagna la sua opera è dovuto non tanto, o non solo, al suo valore letterario, quanto ai tanti che si chiedono se sia lecito oppure no che un ergastolano, colpevole di un efferato delitto, pubblichi un libro.
In carcere da 13 anni, Dawkins alcolista fin dall’adolescenza e, successivamente tossicodipendente, iniziato dal consumo di antidolorifici prescritti, il 31 ottobre 2004, mascherato da gangster della Chicago anni ’20 (festeggiava Halloween), fece irruzione nella casa della famiglia Bowman a Kalamazoo nello Stato del Michigan. Uccise il proprietario Thomas Bowman e prese in ostaggio la famiglia. Ai tempi, Curtis Dawkins aveva 36 anni ed era padre di 2 bambini (insieme nella foto in alto). L’estate precedente, la compagna aveva troncato la loro lunga relazione, a causa della sua tossicodipendenza. Subito arrestato, fu condannato all’ergastolo.
Il fratello della vittima, Kenneth Bowman, avrebbe preferito la condanna a morte. E oggi pensa che Dawkins non avrebbe dovuto avere il diritto di pubblicare. Di parere opposto la mamma della vittima, Sharon Hilton, la quale, nonostante il grande dolore provato per la perdita del figlio, ha perdonato Dawkins. “Non è stato facile” ha dichiarato al New York Times “ma ora sento soprattutto pietà per Dawkins e sono contenta che abbia trovato uno scopo nella scrittura. Non posso pensare a niente di più orribile di dover trascorrere la vita in prigione”.
Per Scribner, l’editore, The Graybar Hotel è “uno dei libri indispensabili per capire il sistema delle prigioni in America attraverso la lente della grande fiction”. Racconta il Nyt che, pur essendo uno dei maggiori editore degli Usa, ha faticato non poco a fare accettare dai critici l’opera di uno scrittore debuttante e, per di più, condannato all’ergastolo. Prima di mandarlo alle stampe l’ha sottoposto al giudizio, rivelatosi positivo, degli scrittori Roddy Doyle e Atticus Lish. Ai quali si è successivamente aggiunta la voce di Nickolas Butler che ha giudicato le novelle “autentiche e rare”, non nascondendo come la gravità del crimine dell’autore l’abbia fatto esitare e solo dopo aver verificato l’autenticità del rimorso e la sincerità del pentimento di Dawkins, ha deciso di leggerlo.
The Grayber Hotel è una raccolta di novelle, la maggior parte delle quali ambientate in prigione, narrate in prima persona o il cui protagonista è un detenuto senza nome. Ma nel racconto il “Ragazzo che ha sognato troppo” sono evidenti i riferimenti autobiografici: vi si narra, infatti, di un detenuto che si trova in quarantena per essere sottoposto alla valutazione psicologica, prima di essere assegnato a una prigione del Michigan. Non fa riferimenti alla gravità del crimine commesso, ma rende la colpevolezza del protagonista più che esplicita, tangibile. Scrive “…L’odore del tabacco che brucia mi ha fatto pensare a casa e a tutto il dolore che ho causato. Ho pensato ai miei figli e alla libertà, a tutto quello che ho preso e perso”.
Curtis Dawkins non si è scoperto scrittore in carcere. Aveva iniziato la carriera di letterato e compiuto studi conseguenti. Il fascino delle parole l’aveva catturato quando, frequentando il corso delle sessioni degli Alcolisti Anonimi, aveva ricevuto in regalo romanzi di Faulkner e Salinger.
Ha ripreso a scrivere dopo i primi 10 mesi di carcere. Usava la macchina da scrivere elettrica che gli avevano inviato i genitori. Le prime novelle le spediva alla sorella minore che a sua volta le inviava alle riviste letterarie. Alcune storie venivano pubblicate da piccole riviste, fino a quando nel 2016 il direttore di una di queste riviste, Jarrett Haley, le ha selezionate e affidate all’agente letterario Sandra Dijkstra, la quale, dopo pochi giorni, le ha vendute all’editore Scribner, ottenendo un anticipo a 6 cifre. I diritti di autore che spettano a Curtis Dawkins sono versati nel fondo creato per l’istruzione dei figli.
In un’intervista recente, in merito a quella tragica notte del 2004, Dawkins (nella foto a lato) ha dichiarato: “Non voglio dare la colpa ai farmaci e dire che non ero in me, perché una parte di me c’era”, aggiungendo che dopo 13 anni di carcere stenta ancora a capire cosa l’abbia portato a uccidere.
Nel libro, nella breve menzione che dedica al crimine, scrive “Spesso nel mio cuore c’è talmente tanta tristezza e dolore che mi sembra di esplodere”. La scrittura diventa allora la via di fuga, per resistere alla consapevolezza dell’orrore commesso, che si fa insormontabile. E lo scopo esistenziale di una vita trascorsa nell’alienazione della vita carceraria.