La scelta dell’artista Giuseppe Raggio

È stata singolare la vita del pittore Giuseppe Raggio, nato nel 1823 a Chiavari, in riva al mare, amante della sua terra, dove iniziò a dipingere giovanissimo. Aveva scelto di diventare capitano di lungo corso ma dopo aver preso il brevetto di Capitano di lungo corso, si trasferì a Firenze a studiare all’Accademia di Belle Arti e presto si dimostrò versatile artista nel riportare su tela tutto ciò che lo circondava.

Con la stessa semplicità si impegnò a raffigurare immagini sacre e, forse, dall’incontro con questo tipo d’arte che nacque in lui il richiamo della capitale, dove, come ben sappiamo, nelle chiese abbondano quadri dipinti dai grandi pennelli di ogni epoca.

Siamo a metà dell’Ottocento quando il nostro giovanotto approda a Roma. Introdotto nei migliori salotti, comincia ad avere contatti con il Vaticano, lavora duramente, frequenta scuole di pensiero diverse tra loro, espone i suoi quadri nei negozi lungo il Tevere, impara il dialetto trasteverino, insomma smette di portare il berretto di lana blu, messo sulla trequarti e usato dai marinai, ed indossa con disinvoltura il gilet e la cinta rosso fiamma ai fianchi.

Sembrerebbe un tradimento verso le sue origini ma tutto nasce dai suoi viaggi nella campagna, verso Tivoli, Campoleone o Maccarese e nell’entroterra, verso Tolfa. Probabilmente ascoltando il canto melanconico dei contadini ne ha tratto una ricchezza tale da voler disegnare la semplicità di quel popolo che lavora la terra che è tutt’uno con l’uomo. Sono per Raggio gli eroi del quotidiano convinti come sono che sarà proprio la terra a renderli meritevoli di una vita migliore, senza cercare un’impossibile ricchezza.

In quel tipo di vita l’artista vi legge il continuo dinamismo di una forza che unisce fatica ed emozioni. Ferma quei volti, quegli animali, quegli aratri, quelle zappe, sulle tele e fa sì che questo suo lavoro creativo diventi memoria di una quotidianità esistenziale. Non stupisce che aderisce della associazione in Arte Libertas, ideata da Giulio Aristide Sartorio e dall’amico Giovanni Costa – detto Nino – e nel 1904 partecipa al gruppo dei XXV della Campagna romana.

Facile inserire Giuseppe Raggio tra i macchiaioli: la sua pittura dal tocco lieve e delicato si muove tra la raffigurazione di piantagioni, colline con filari d ‘uva, pianori coltivati a carciofi, e imperiose mandrie di bufale che affondano i loro zoccoli nel fondo paludoso delle terre pontine o travolgenti cavalcate di butteri.

Gli esiti originali di questi dipinti generarono molti estimatori: tra questi l’allora regina Elena Margherita di Savoia che acquistò un quadro, tutt’ora esposto nella Quadreria del Quirinale.

Forse il motto di questo pittore era: “Si può essere felici se ogni cambiamento di vita ci consente da passare da una situazione peggiore ad una migliore”. In effetti cominciò per lui un periodo di buone soddisfazioni. Espose le sue opere a Genova.  La sua quadreria occupò spazi a Palazzo Pitti, a Dublino ed una sua mostra ebbe successo nel 1872 presso la Casina Valadier a Roma.

L’esposizione Nazionale di Milano vide una serie dei suoi dipinti bucolici appesi ai bianchi muri e il suo quadro Trasporto di un masso di travertino con bufali è tuttora visibile al Museo della Scienza Leonardo da Vinci. Le Biennali di Venezia lo videro sempre tra i protagonisti ed un quadro raffigurante un toro che poggia la testa sulla schiena di una mucca bianca simboleggia la tenerezza esistente tra gli animali.

Spesso tornava al suo paese natio e regalava agli amici e conoscenti molte sue opere ma da generoso qual’era Raggio ha finito per morire povero e solo all’età di 93 anni, a Roma, nel 1916.

La nostra capitale gli ha intitolato una piazza a Tor Sapienza, così come Terracina lo ha ricordato dedicando a questo cantore delle immagini una via. La mia voglia di conoscere questo pittore è nata durante un incontro – conferenza con il prof. Cesare Terracina che descriveva un quadro dove una mandria di cavalli esprime una tale forza che sembra sfondare il vetro che protegge la pittura stessa.

Poi, cercando tra i 25 pittori della campagna romana, il nome di Giuseppe Raggio ha preso corpo e visibilità e grazie al suo pennello ho rivisto descritte la bellezza e la fatica, la miseria e la povertà di quei contadini di allora ma che oggi, in molte trasmissioni televisive, tornano in primo piano, perché ogni lavoro fatto con passione altro non è che la voglia di un vero riscatto sociale e così tanti giovani tornano ad amare la nostra madre terra. Viva la campagna!

 

 

 

Immagini, dipinti dell’artista Giuseppe Raggio: 1) Il buttero (inchiostro e piombo); 2) Trasporto di un blocco di travertino 

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