Gingers. La paura sociale della bellezza
In questi giorni viene pubblicato Gingers, il libro di immagini che il fotografo britannico Kieran Dodds ha dedicato nel tempo alle persone dai capelli rossi, categoria alla quale lui stesso appartiene
Ginger (zenzero in inglese) è l’epiteto affettuosamente scherzoso o volutamente offensivo rivolto alle persone con i capelli rossi che sono dall’1 al 2% della popolazione mondiale; una rarità – ma diffusa in Europa (soprattutto del nord e del nord – ovest), in Asia, in Africa del Nord – è forse per questo storicamente perseguitate e, ancora oggi, vittime di bullismo.
Rosso malpelo titola la novella, dove il grande Giovanni Verga (1840 -1922), oltre a descrivere la povertà e lo sfruttamento delle classi disagiate siciliane di fine Ottocento, denuncia l’emarginazione per il colore dei capelli del protagonista, un adolescente condannato a una vita e a un destino tragico.
Il testo riflette il secolare pregiudizio trasversale che ha prodotto perfide azioni e filastrocche, nonché stereotipi. Ieri come oggi, visto il pullulare di ricorrenze e iniziative (giornate nazionali e/o festival) a favore delle persone discriminate per il colore dei cappelli, diffuse nel mondo e che nel 2020 hanno riguardato la nostra Favignana. Pochi mesi orsono nella bella isola siciliana è stato organizzato l’evento Redhead Sicily, il raduno dei ‘rossi’ provenienti da tutta Europa e che, purtroppo, ha risentito (anche in termini di notorietà) dell’inevitabilmente imperante Covid.
Ma da dove viene tanto ostile furore contro il rutilismo*? Sembra nascere fin dai tempi antichi ma consolidatisi alla fine del XV secolo durante l’Inquisizione spagnola. Allora le persone dalle chiome fulve furono identificate come ebree e come tali eretiche e da perseguire; avevano rifiutato Gesù conducendolo alla morte (deicidio, l’accusa rivoltagli dai cristiani fino al Concilio Vaticano Secondo).
Il pregiudizio potrebbe derivare direttamente dalla tradizione biblica, citano alcune fonti, per l’errata interpretazione di Giuseppe Flavio, storico del I secolo, il quale traducendo l’Antico Testamento, per esaltare la figura del re David gli attribuì una chioma bionda, mentre a Esù, personaggio negativo, rossa. In realtà, nella Bibbia, entrambi sono descritti con i capelli ramati.
L’associazione antisemita ha resistito fino ai tempi moderni e, se non bastasse, a fine Ottocento la scienza le ha affiancato la matrice criminale per eccesso di libido. Gli ‘eminenti studiosi’ italiani, il medico e accademico Cesare Lombroso e il sociologo Guglielmo Ferrero asserirono che molti erano i crimini a sfondo sessuale perpetrati dalle persone con i capelli rossi, il 48% dei quali erano donne.
Secoli di pregiudizi, dunque. Per fortuna interrotti da fortunate parentesi grazie agli artisti attratti dal colore, come il grande Tiziano che spesso dipingeva donne con i capelli rossi (da cui la definizione di biondo Tiziano) o Sandro Botticelli che rosso ha dipinto la chioma della dea dell’amore e della bellezza nel suo splendido e celebre Nascita di Venere. E poi, viva via nel tempo, fino ai preraffaelliti, alle muse dai capelli rossi di Amedeo Modigliani e di Gustav Klimt. Soprattutto, quest’ultime, per lo storico dell’arte Federico Zeri, rappresentavano “un inno alla bellezza”. In barba al detto “rosso mal pelo schizza veleno”.
Immagini tratte dal libro ‘Gingers’ del fotografo britannico Kieran Dodds
*Il termine scientifico che indica le persone con i cappelli rossi è rutilismo (dal lat. rutĭlus rosseggiante). Detto anche eritrismo (da eritro – lat. scient. erythro che discende dal gr. ἐρυϑρός ‘rosso’), primo elemento di parole composte della terminologia scientifica indica; in biologia, eterocròṡi (der. del gr. ἑτερόχροος ‘di differente colore’) e/o isabellismo per alcuni uccelli il piumaggio presenta una tinta generale rossiccia (fonte: Treccani.it)