I nuovi geoglifi di Nazca
Sono 168 i geoglifi scoperti nel famoso sito archeologico e nell’area circostante di Nazca, nel Perù meridionale.
Tra giugno 2019 a febbraio 2020, un gruppo di ricerca giapponese guidato dal professor Masato Sakai dell’Università di Yamagata, in collaborazione con l’archeologo peruviano Jorge Olano, responsabile del ritrovamento, utilizzando droni e fotografie aeree, ha rinvenuto nuove linee che formano figure umane e animali
A seguito di un’accurata analisi i ricercatori hanno osservato che 163, delle 168 rinvenute, sono in rilievo, formati da un assemblaggio di pietre sono di rilievo, le restanti 5, invece, sono state realizzate in “modo lineare”, ossia rimuovendo le pietre nere per rilevare la sabbia bianca sottostante.
“La maggior parte dei geoglifi di quest’ultimo tipo sono piccoli, meno di 10 metri di diametro, e sono distribuiti principalmente lungo antichi percorsi” specifica una nota dell’Università di Yamagata che li fa risalire, probabilmente, tra il 100 a.C. e il 300 d.C.
77 di queste figure, informa ancora l’Ateneo sono state concentrate in un parco archeologico istituito nel 2017 vicino al centro della città di Nazca.
Dal 2004 al 2020 sono state rinvenute complessivamente di 358 geoglifi.
Nel deserto di Nazca sono circa 13mila linee che formano circa 8mila disegni, espressione della civiltà omonima databile all’incirca tra il 300 a.C. e il 500 d.C.
Questi disegni sul terreno creati tramite la disposizione o la rimozione delle rocce – o suoi frammenti o ghiaia -, detti, appunto geoglifi sono stati scoperti anche nell’Europa del Nord e dell’Est e in Australia. Qui, nel sud del continente, nel 1998, durante un volo aereo è stato scoperto, il geoglifo più grande mai rinvenuto finora chiamato Uomo di Maree (Maree Man). Raffigurante un uomo con un giavellotto mentre caccia, probabilmente, uccelli.
Sia per le linee di Nazca (patrimonio dell’Unesco, più famoso come Nazca Lines) sia per il grande disegno australiano, fino al XX secolo si è creduto che la posizione desertica delle prime e il clima molto secco e arido avrebbero conservato le antiche vestigia.
In realtà le prime sono state più volte compromesse anche dalle incursioni umani (non sempre inconsapevoli), mentre l’Uomo di Maree, nel 2016, posto che stava subendo l’erosione per processi naturali, è stato sottoposto a l lavori di ridefinizione della figura con una motolivellatrice assistita dal GPS.
Gli esperti ora temono che i geoglifi non sopravvivano agli effetti dei cambiamenti climatici.
Immagini: 1) Uno dei 168 geoglifi scoperti dall’ Yamagata University, da cui abbiamo tratto la fotografia; 2) Australia, l’Uomo di Maree – immagine tratta dal web