Mahatma Gandhi. La sua rivoluzione in una fotografia

Mahatma Gandhi, politico filosofo leader del movimento per la libertà e l’indipendenza dell’India che articolava attraverso i concetti e le pratiche della disobbedienza civile non violenta, veniva ucciso il 30 gennaio 1948.

Con pochi colpi di pistola il radicale indù Nathuram Godse poneva fine alla vita del leader ritenendolo responsabile di cedimenti (anche finanziari) nei confronti del neonato governo del musulmano Pakistan.

Prima di compiere il gesto ferale, Godse onorò la sua vittima una riverenza. Dopo aver sparato ebbe paura di essere linciato dalla folla e cercò di nascondersi, poi si lasciò catturare dalle forze dell’ordine. Processato venne condannato a morte nel 1949 e la sentenza venne eseguita nel novembre dello stesso anno, tra l’opposizione dei sostenitori del Mahatma Gandhi.

La satyagraha. Per il primo dei grandi leader 

Il comportamento del suo assassino rappresenta, a nostro parere, la parabola stessa della potenza della figura di Gandhi – che indicava il suo pensiero – che si faceva azione politica senza lesinare corpo – con il termine, di sua elaborazione   satyagraha, (dalla fusione dei termini  satya (verità) ahimsa (nonviolenza o amore, come riporta nell’ autobiografia) – che non solo riuscì a portare l’India all’indipendenza (in molti lo chiamavano anche Bapu, ossia padre) ma a ispirare i grandi  movimenti a favore dei diritti civili e personalità storiche come Martin Luther King e Nelson Mandela e per questo, il giorno della sua nascita – il 2 ottobre-  in India è festivo ed è stata scelto come data per  istituire nel 2007 dalle Nazioni Unite, Giornata Internazionale della Non Violenza.

In merito al suo profondo rispetto nei confronti dei diritti civili, forse non è stato un caso che Gandhi stabilì proprio con una fotografa donna, Margaret Bourke-White,  un forte rapporto professionale e dalla quale poi accettò di posare.

Perché l’arcolaio

Anche in questo caso la storia è accompagnata da un episodio – simbolo che delinea la storia.

Bourke-White era giunta in India nel 1946, per documentare il percorso che avrebbe portato l’India alla indipendenza del Regno Unito.

Riuscì a incontrare e intervistare Gandhi. Quest’ultimo però era restio a farsi riprendere e propose alla fotografa un patto, avrebbe accettato il servizio fotografico se Margaret avesse imparato ad usare l’arcolaio. Veniva usato puntualmente nella sua comunità, lo stesso Gandhi vi si dedicava un ‘ora al giorno.

Insistendo  sull’uso del telaio e l’arcolaio  il Mahatma rivendicava la produzione tessile nazionale di matrice artigianale contro quella industriale britannica; dunque uno dei simboli chiave attorno cui ruotava la sua politica anticolonialista.

Margareth naturalmente accettò. Nacque così il suo celebre ritratto del 1946 che ci riporta Gandhi mentre legge accanto all’arcolaio. Seguirà quello successivo della fotografa intenta nell’uso dello strumento.

Ai funerali del grande leader  furono ammessi soltanto i fotografi  Margarete  Bourke -White e Henry Cartier-Bresson, che aveva ritratto Gandhi durante gli ultimi giorni della sua vita.

 

Immagini: India – 1946,  Mahatma Gandhi nella celebre fotografia di  Margarete  Bourke -White, accanto all’arcolaio, simbolo della sua rivoluzione anticolonialista non violenta: 2) Bourke – White mentre usa l’arcolaio 

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