Emma Carelli. La prima donna

Emma Carelli, classe 1877, appartiene a quel lungo elenco di personaggi femminili di primissimo piano ma che, incomprensibilmente, sono stati ceduti all’oblio. Eppure fu soprano acclamatissimo in patria e all’estero e, soprattutto, prima donna impresario d’Italia fino a diventare direttrice artistica del Teatro Costanzi di Roma.  Poi, però, presumibilmente vittima della gelosia maschile e delle convenzioni dell’epoca e rafforzate dal retrivo regime fascista, vide stroncata la sua carriera e dopo poco morì per un incidente d’auto, nel 1928, l’anno in cui si registra il maggior numero di donne suicide nella storia d’Italia.

Emma, nata a Napoli, fu educata musicalmente dal padre Beniamino, musicista e figura di spicco del mondo musicale partenopeo, frequentando al contempo il Collegio di S. Pietro a Maiella e l’Istituto Mackean (oggi Istituto Grenoble), dove imparò le lingue che le faciliteranno la futura carriera internazionale.

Di salda formazione e preparazione debuttò  a 18 anni, nel 1875, al Teatro Consorziale di Altamura, come protagonista dell’opera Vestale di Saverio Mercadante (1795 – 1870).  La città commemorava il centenario della nascita del suo illustre figlio, Mercadante per l’appunto, che da quell’anno gl’intitolò  il teatro.

Per Emma Carelli fu l’inizio di una tournée nei teatri minori, durante la quale maturò l’esperienza per affrontare il grande pubblico, come avvenne al Lirico di Milano. Correva l’anno 1899, non uno qualsiasi nella biografia del soprano che in quei giorni sposò l’attivista socialista e giornalista Walter Mocchi (1871 – 1955), reduce dal domicilio coatto a Procida, cantò al Costanzi di Roma (che poi dirigerà) consacrandosi definitivamente come artista a tutto tondo e, a fine anno, si esibì alla Scala di Milano sotto la direzione di Arturo Toscanini.  Da lì iniziò la carriera internazionale soprattutto nei teatri europei e sudamericani.  Grande interprete di autori a lei contemporanei, la Carelli si distingueva per le sue doti recitative, esaltate dalla memorabile attrice Eleonora Duse  che scrisse “L’incanto della voce e la gentilezza del cuore: ecco Emma Carelli ed io le dico: grazie come a una sorella, e ammirandola e amandola“.

Le doti attoriali delle Carelli supplirono alla mancata acutezza della sua pur bella voce e fecero scuola per tutte i soprani di stile verista del Novecento.

Sempre sul palco, spesso duettando con il celebre Enrico Caruso, la carriera di Emma non conobbe soste e ostacoli finché in Italia, per l’impegno politico del marito (Mocchi fu tra gli organizzatori dello sciopero generale del 1904) venne rifiutata dai teatri italiani: il Lirico di Milano fu il primo teatro a rescinderle il contratto, seguito dal San Carlo di Napoli. A nulla valse l’intervento dello scrittrice e giornalista Matilde Serao (1856 – 1927, prima donna a fondare e a dirigere un quotidiano, il Corriere di Roma), che denunciò l’ingiustizia inflitta alla Carelli sul Giorno.  Il soprano continuò a ricevere dinieghi da parte dei teatri italiani, determinandole una prostrazione tale da spingerla al suicidio, dal quale fu salvata in tempo.

La Carelli riprese la sua attività  all’estero: tornerà a cantare in Italia nel 1906.  Intanto il marito Walter Mocchi aveva lasciato la politica e si era dedicato all’impresariato teatrale, con l’intenzione ben precisa di far conoscere i talenti lirici italiani all’estero, prima fra tutti la moglie Emma, liberandola così dal boicottaggio dei teatri italiani.

Mocchi divenne l’agente di Emma e, al tempo stesso, diede vita alla sua ardita idea, quella di creare  un trust di teatri sudamericani facenti capo a una sola società e con base presso un teatro italiano. Si voleva sfruttare l’inversione delle stagioni fra le 2 parti del mondo che permetteva un ciclo continuativo di lavoro non solo agli artisti ma anche agli allestimenti delle opere.  Ne conseguì una grande organizzazione (la STIN – Società teatrale internazionale e nazionale) che s’impose ufficialmente nel 1908 con sede presso il Teatro Costanzi di Roma, la cui direzione artistica fu affidata al compositore e maestro d’orchestra Pietro Mascagni (1863 -1945).

Fu proprio al Costanzi che venne organizzato uno degli eventi principali per il cinquantenario dell’Unità d’Italia (1911),  durante il quale Emma Carelli ottenne la concessione del teatro per 9 anni assumendone la responsabilità della gestione, mentre Walter Mocchi seguiva le attività della Società in Sudamerica.

Il nuovo impegno la spinse a lasciare le scene, nonostante le sollecitazioni del mondo della cultura, in primis il grande Gabriele D’Annunzio, affinché continuasse a cantare. Tranne sporadiche recite, la Carelli si dedicò completamente al Costanzi, organizzando cartelloni rimasti negli annali della storia dei teatri lirici. La sua gestione si caratterizzò per la grande competenza a tutto campo (sia per la scelta del livello delle opere sia degli artisti) e originalità, presentando in prima assoluta opere del livello del Parsifal di Mascagni, Il Trittico di Giacomo Puccini o i balletti russi di Djagilev e portando il Costanzi a fare concorrenza alla Scala. Stessa fortuna nell’altro capo del mondo: il Colon di Buenos Aires (Argentina) strettamente collegato al Costanzi di Roma mieteva lo stesso successo.

Ma la salute delle finanze della Società – frutto soprattutto degli investitori sudamericani che risentivano dell’instabilità politica locale – non andava di pari passi con il successo artistico e subiva fasi altalenanti. Lo stesso Costanzi di Roma, nonostante la bravura e l’impegno della Carelli (ci rimise risorse proprie) era pieno di debiti con le banche. E il fascismo – nel frattempo asceso al Governo italiano – ne approfittò.

Il Governatorato di Roma, deciso a dare alla capitale un grande teatro d’opera nazionale, rilevò i debiti del teatro e comprò dai soci sudamericani le azioni della Società. Con la piena proprietà, ottenuta nel giugno 1926, non rinnovò l’incarico a Emma Carelli.

La carriera imprenditoriale del grande soprano era finita: invano tentò di inserirsi in altri teatri. E il 17 agosto del 1928, mentre tornava in macchina da Siena a Roma, ebbe un incidente e morì.

A Emma Carelli il regista Tony Saccucci ha dedicato il film La prima donna, che uscirà nelle sale cinematografiche, in occasione della Festa delle Donne, il 9,10 e 11 marzo 2020.

Prodotto dall’Istituto Luce – Cinecittà in collaborazione con il Teatro dell’Opera di Roma, il film – che vede l’attrice Licia Maglietta nel ruolo di Emma Carelli – si avvale di documenti inediti, foto, archivi sonori, delle immagini dell’Archivio Luce e di film dell’epoca del muto, innestati nelle riprese di Saccucci girate nel Teatro Costanzi.  E si sofferma sul periodo peggiore del grande soprano: quando negli anni Venti iniziò a risentire delle gelosie dei colleghi uomini ed era sorvegliata dalla polizia segreta del regime. Oggetto di un dossier arrivato sulla scrivania di Benito Mussolini, capo del Governo.

Per il triste, rapido e irragionevole epilogo della sua vita il regista la immagina come “un fantasma senza pace”, protagonista di una storia ingiusta che chiede di essere rivendicata. “Il dramma di Emma”, secondo Saccucci è “la storia delle donne. E oggi il tema della parità di genere è la questione politica per eccellenza, tornata di prepotenza alla ribalta.  Questo film risveglia un fantasma senza pace e senza giustizia, con Licia Maglietta a darle corpo e voce di verità, per provare a capire dove va cercata una giusta pace”.

Per un maggiore approfondimento consigliamo il sito operaroma.it che contiene l’archivio storico ossia la memoria della lirica a Roma con programmi, manifesti, elenchi di materiali, fotografie, bozzetti, locandine e audiovisivi, frutto di un lungo e accurato lavoro di ricerca e poi di catalogazione a partire dal 1900.

 

Fotografie dall’alto: 1) Emma Carelli; 2) da sinistra Walter Mocchi e Pietro Mascagni); 3) 1880 -Teatro Costanzi, Piazza Beniamino Gigli, 7; 4) l’attrice Licia Maglietta  è Emma Carelli in ‘La prima donna’ film di Tony Saccucci dal 9 al 10 marzo 2020

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