Palazzo Braschi- Roma: dossier Canaletto

Il quadro ricomposto del Canaletto, raffigurante Chelsea da Battersea Reach diviso in 2 parti fin dalla sua creazione nel 1751 – parti custodite separatamente a Cuba e nel Regno Unito – è esposto per la prima volta nella mostra Canaletto 1697-1768, inaugurata al Museo di Roma Palazzo Braschi l’11 aprile 2018.

In occasione dei 250 anni della morte del grande paesaggista veneto la mostra romana rappresenta la maggiore retrospettiva mai organizzata in Italia, costituita da 42 dipinti, 9 disegni, 16 libri e documenti d’archivio.
Oltre l’inedita Chelsea ricostituita, giungono a Roma alcuni tra i capolavori del Canaletto provenienti dai maggiori musei del mondo, alcuni dei quali esposti per la prima volta in Italia.
La mostra si snoda attraverso 8 sezioni che tracciano il percorso artistico del pittore lungo le diverse fasi tecniche e stilistiche che ha attraversato, sottraendolo dalla stereotipata, ingiusta e incongrua definizione del Canaletto fotografo: ed ecco, dunque, la maniera libera e drammatica delle prime opere (particolarmente illustrata nella mostra) le intense immagini di Venezia, l’eleganza della produzione degli anni che il pittore trascorse in Inghilterra e l’approdo ai ricercati capricci della tarda età.

Giovanni Antonio Canal

Giovanni Antonio Canal – detto il Canaletto – nato a Venezia nel 1697, si forma nella scuola paterna che era pittore di teatro. Ventenne si reca a Roma, dove inizia a dedicarsi alla pittura paesaggistica di cui diventerà maestro. I suoi punti di riferimento sono il Vanvitelli, Carlevarijis e Marco Ricci, dai quali prende le mosse per elaborare il suo stile personale con il quale conquista la fama internazionale e fan illustri fra i quali J. Smith banchiere, mercante e poi console inglese a Venezia, che lo introduce nel mondo del ricco collezionismo britannico.  Il 1746 vede il Canaletto a Londra dove, tranne piccole parentesi veneziane, risiederà per 10 anni e dipingerà paesaggi del Tamigi e della campagna inglese.

Tornato nella sua Venezia, risentendo del declino che vive la città, in un primo momento il Canaletto non riesce a inserirsi nell’ambiante artistico della laguna e soltanto nel 1763 ottiene l’accesso all’Accademia. Ne risente anche la sua fortuna commerciale ma non la sua l’arte. Nel tardo periodo della sua vita il Canaletto dipinge con maggiore libertà di stile, per poi approfondire l’uso del colore, dimostrando grande sensibilità nella riproduzione della luce, delle atmosfere e della prospettiva.

Precursore della corrente metafisica del ‘Novecento

E nascono i suoi Capricci, tipico genere della pittura veneziana del XVIII secolo che vuole architetture fantastiche e invenzioni di tipo prospettico accostate a elementi delle realtà o, ancora, accostamento di edifici moderni ma di diverse realtà urbane o diverse epoche storiche.  Il primo Capriccio del Canaletto del 1723 rappresenta la Piramide Cestia di Roma accanto alla cinquecentesca Basilica del Palladio di Vicenza; il suo celebre Capriccio palladiano (seconda metà del ‘700) riproduce nuovamente storici edifici palladiani ma inseriti nel contesto veneziano. Sono quadri che rapidamente richiamano alla mente la suggestione della pittura metafisica del XX secolo, ben lontani, quindi, dal banale Canaletto fotografo come alcuni critici troppo frettolosamente hanno giudicato il nostro fino all’ultimo scorcio del secolo scorso.

Giovanni Antonio Canal lascia questa vita il 19 aprile 1768 nella sua casa veneziana in corte Perina; viene sepolto nella chiesa di San Lio, ma della sua tomba non rimane traccia.

La mostra romana Canaletto 1697-1768 chiuderà i battenti il 18 agosto 2018.

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