Squadra Catturandi. Essere poliziotto, una missione che parte da dentro

Quanti gli studenti e le studentesse che sognano di entrare nell’arma della polizia? Da anni (mi occupo di formazione e orientamento nelle scuole) ne incontro almeno 1 o 2 in ogni classe, che si sta avvicinando alla scelta post-diploma.  Ma quale è il significato più profondo della professione? Siamo fruitori, a volte voraci, di serie televisive, ambientate nei distretti di polizia, ma quanto conosciamo la realtà, quella vera?

“Uno dei motivi per cui ho scritto il libro è stato quello di informare le giovani generazioni” le parole di Ivan (ci limiteremo a chiamarlo con il suo nome di battesimo) sono rotonde, ampie, chiare e profondamente vere.

Ascoltandolo si ha la sensazione che tutto è possibile se si è in possesso di determinazione, conoscenza, competenze e insindacabile volontà di provocare un impatto positivo nella società. Più volte, evidenzia come l’uomo deve pensare in termini di collettività e non rinchiudersi nella soggettività della propria individualità.

In sala ci sono molti poliziotti, mi guardo intorno e mi sembra di vederli per la prima volta; se ne parla in termini sindacali, politici, cronachistici, ma mai sociali, professionali. Come se un’arma, fosse un corpo unico, senza individui.

È trascorso un mese dall’incontro a cui mi riferisco, vale a dire la conferenza sul libro Mafia Nigeriana (ed. Dario Flaccovio Editore), del poliziotto sotto copertura che si firma I.M.D, presentato dal giornalista Attilio Bolzoni che apre la tavola rotonda, affermando che mafia è la parola italiana più conosciuta al mondo, nell’ambito della manifestazione Più libri, più liberi.

IMD, poliziotto, a capo della Squadra Catturandi di Palermo, ha catturato latitanti mafiosi, quali Giovanni Brusca, Bernardo Provenzano e i fratelli Piccolo e ora si sta occupando della mafia nigeriana, studiando in modo capillare la nascita e l’evoluzione delle cosiddette “confraternite”, poiché per quanto possa sembrare paradossale, le radici della nascita vanno ricercate nelle università nigeriana.

Ivan ha fondato l’associazione no profit 100×100 in Movimento che si occupa di promuovere la cultura della legalità.  Tra le sue attività, l’incontro periodico con i ragazzi e le ragazze delle scuole secondarie. E ha scritto numerosi libri, romanzi e saggi, con i quali offre uno spaccato dell’evoluzione della criminalità mafiosa nel nostro Paese e delle indagini compiute con i suoi compagni delle Sezioni Catturandi e Criminalità Straniera di Palermo. Le ultime due pubblicazioni trattano il tema dei beni confiscati ai mafiosi e della temibile mafia nigeriana.

Perché parlare di un incontro che si è svolto all’inizio di dicembre 2019? È trascorso più di un mese; ho aspettato a scriverne perché desideravo che l’articolo uscisse a ridosso della scelta della scuola secondaria di II grado che molte famiglie e studenti si trovano ad affrontare in questo periodo.

I.M.D parla ai giovani per fornirgli informazioni reali e autentiche sulla condizione e il lavoro del poliziotto. E forse, questi ragazzi che ora si trovano a dovere scegliere il loro istituto superiore, si troveranno tra qualche anno, nell’Aula Magna della loro scuola, ad ascoltare e ad interagire proprio con I.M.D.

“Mi ricordo il viso di Borsellino quando lo vidi in compagnia dei suoi angeli (la scorta, ndr), al primo anno di Scienze Politiche; era il volto di un uomo solo, non lo potrò ai dimenticare – afferma Ivan.

E poi “Bisogna parlare in modo asettico della realtà, senza colori politici; io sono un poliziotto e provo a far capire gli argomenti alle persone. Io, sono la mia squadra”. E via a far sapere che il consumo di droghe, in particolare quelle leggere, è in netto aumento nelle scuole secondarie di I grado; a far capire agli studenti e studentesse che non si tratta solo di un atto nocivo per la propria saluto, di un atto illegale, ma che soprattutto ci si rende complici come fruitori del mercato di sostanze stupefacenti; lo spaccio è una delle principali forme di finanziamento delle organizzazioni criminali. Tutto lo sforzo che viene compiuto dai poliziotti nella lotta alla criminalità, viene vanificato da un’azione superficiale e spesso inconsapevole del cittadino stesso. Il dialogo sociale tra cittadinanza e polizia è scarso e rappresenta un forte limite per la società stessa.

 Luigi Lombardo, segretario nazionale del Sindacato Italiano Appartenenti Polizia (SIAP) presente all’incontro, ricorda con profonda benevola amarezza di come l’organico dei poliziotti sia ridotto e, di come, il blocco del turn over stia ricadendo negativamente in quel sano e fruttuoso rapporto formativo-professionale che avveniva nello scambio di conoscenza tra giovani e meno giovani generazioni. Ora chi è che trasmette la conoscenza del territorio ai giovani?

Inoltre le scarse risorse economiche fanno sì che i poliziotti si vedano costretti ad autotassarsi anche per comprarsi le sedie. Dietro alla Squadra Catturandi c’è un grande sacrificio; si prova un gran senso di solitudine durante il loro lavoro; è necessario condividere il lavoro a livello europeo, non bastano gli accordi bilaterali tra gli Stati.  Durante le operazioni della Catturandi di Palermo, si contano 70.000 ore di lavoro non retribuito.

“Quando incontro i ragazzi – dichiara Ivan- gli racconto tutto ed evidenzio soprattutto che il nostro lavoro è una missione, non aspettiamoci una pacca alla spalle dei nostri superiori; un ragazzino italo-marocchino mi dice: “io vorrei venire a lavorare da voi a Palermo”. È il più anziano che deve dare ai giovani la giusta tensione verso un lavoro che è una missione (Bolzoni gli aveva chiesto se un giovane di oggi poteva avere la stessa tensione che aveva il Nostro, all’indomani delle stragi di Capaci e Via d’Amelio).

Ivan parla di una rivoluzione etica per i giovani in cui la collettività è al centro degli interessi dell’uomo. Il sindacalista Lombardo ricorda come le scuole di Ordine pubblico italiano siano le migliori al mondo e come vengano a perfezionarsi poliziotti da tutto il mondo: “Mi occupo di formazione da molti anni ed è necessario dare indicazioni su come gestire l’amministrazione. Dal corso si esce motivati ma poi ci si scontra con la realtà; ed è qui che manca la continuità lavorativa, quella trasmissione del sapere dal più anziano al più giovane”.

Chi desidera avere un quadro dettagliato, direi quasi antropologico del fenomeno della mafia nigeriana troverà nel libro di I.M.D un racconto autentico, vivido, con lucida attenzione ai dettagli, ma soprattutto potrà acquisire informazioni su che cosa significa studiare un fenomeno per poi contrastarlo, su come si avvia un’indagine, sulla resilienza necessaria per affrontare, giorno dopo giorno, storie umane di crudezza e violenza inenarrabile; dalla criminalità organizzata nostrana a quella di altre culture in cui la violenza è il dato che emerge con forza agghiacciante, ma al tempo stesso, la fede primaria, per contrastare tale nefaste azioni.

Un richiamo quanto mai attuale nella postfazione di Lorenzo Agueci “… Non sembra inutile ricordare – come fa l’autore- che gli anni di maggiore crescita di Cosa Nostra siano coincisi con quelli in cui il fenomeno mafioso, era più o meno consapevolmente sottovalutato dalle istituzioni dello Stato, che concentrava la propria azione repressiva soprattutto nella lotta contro il terrorismo”.

Non possiamo permetterci di cadere in un errore simile, il fenomeno criminale di cui ci stiamo occupando deve essere studiato nelle sue diverse componenti etniche, tradizionali, religiose, politiche e sociali per poi potere intervenire adeguatamente…

Ma la precondizione è la condizione nei confronti della comunità nigeriana, così come di tutte le comunità migranti, di una adeguata e concreta politica di integrazione e dell’accoglienza idonea a favorire il distacco, comunque traumatico, dei loro appartenenti ai gruppi cultisti dalla soggezione oppressiva.

Al termine del libro leggiamo: “ I giornali e le televisioni faranno il proprio lavoro. Si parlerà ancora per qualche giorno dell’indagine e poi, si passerà ad altro. Noi no! Non c’è pausa, non c’è riposo, continueremo a lavorare in silenzio e nascosti alla ricerca di membri di qualche altro secret cult (ndr: per cult si intendono le associazioni di criminalità organizzate nigeriane). Mentre scrivevo questo libro, le indagini continuavano e continuano e le operazioni non si arrestano mai”.

I proventi del libro andranno a favore della Biblioteca Sociale Nino Agostino e Ida Castellucci di Palermo.

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