La Svezia vieta gli smartphone in classe e l’Unesco applaude

Dietro front per la scuola svedese. Il Governo favorisce i metodi tradizioni: libri cartacei, anche per le ricerche e scrittura manuale.

“I testi fisici sono importanti per l’apprendimento degli studenti” ha dichiarato il ministro per la Scuola, Lotta Edholm, membro del governo di coalizione di centro – destra, abolendo l’apprendimento digitale per i bambini sotto i 6 anni, introdotto negli anni passati.

Testi cartacei e competenze degli inseganti: insostituibili

I bambini svedesi della IV elementare hanno il punteggio più alto della media europea riguardo la capacità di lettura, ma tra il 2016 e il 2021 hanno dimostrato un calo da 555 punti al 544, come risulta dal Progress in International Reading Literacy Study (Pirls)*.

Il calo potrebbe dipendere dello scompiglio prodotto dalla pandemia di Covid 19 e  dall’aumento degli studenti immigrati, il cui svedese non è la prima lingua. Ma gli esperti inistono sulla perniciosità dell’uso eccessivo degli schermi durante le lezioni scolastiche.

Karolinska Institute, l’università svedese di fama internazionale di ricerca medica, ha richiamato sulla necessità di “focalizzarsi sull’acquisizione delle conoscenze attraverso libri di testo stampati e le competenze degli insegnanti, piuttosto che attraverso fonti digitali liberamente disponibili di cui non è stata controllata l’accuratezza”.

Distrazione che incide sul rendimento scolastico

Anche l’Unesco – l’Agenzia per l’educazione, scienza e cultura delle Nazioni Unite – ha lanciato un “appello urgente per l’uso appropriato della tecnologia nell’istruzione”.

Nel rapporto GEM (Global Education Monitoring Report) pubblicato nell’estate 2023, frutto del monitoraggio globale nel campo dell’istruzione, raccomanda “il divieto di utilizzo di smartphone” nelle classi, perché se impiegati eccessivamente o in modo inappropriato costituiscono un elemento crescente di distrazione che, spesso, incide sul rendimento scolastico.

L’Agenzia fa riferimento a studi scientifici, nello specifico ai dati di valutazione su larga scala forniti dal Programme for International Student Assessment (PISA) che riferiscono, fra l’altro, del riscontro in 14 Paesi di come la semplice vicinanza di un dispositivo mobile distragga gli studenti.

Insegnare a vivere sia con sia senza la tecnoligia

Pur riconoscendo “il potenziale incommensurabile della rivoluzione digitale”, i suoi benefici sono annullati se utilizzati in eccesso e/o senza la guida di un insegnante, afferma il rapporto GEM, che sottolinea come la tecnologia digitale debba mantenere  una “visione dell’educazione incentra sull’uomo”; può aiutare ma mai dove sostituire l’interfaccia con i docenti.

“Dobbiamo imparare dagli errori commessi in passato nell’uso della tecnologia nell’istruzione, per non ripeterli in futuro – ha dichiarato Manos Antoninis, curatore del rapporto -. Dobbiamo insegnare ai ragazzi a vivere sia con che senza la tecnologia; a prendere ciò che serve dall’abbondanza di informazioni, ma a saper ignorare ciò che non è necessario”.

L’allarme Unesco deriva anche dal fatto che meno di un Paese su quattro vieta l’uso degli smartphone nelle scuole. Lo ha fatto la Francia dal 2018, abbiamo visto la Svezia, in procinto di farlo la Finlandia e l’Olanda (nel 2024), mentre in Italia vige la facoltà per gli inseganti di ritirare lo smartphone all’inizio della giornata.

Risorse per i libri di testo per tutti i ragazzi

Infine il rapporta rileva come “troppa attenzione alla tecnologia nell’istruzione ha di solito un costo elevato”. Le stesse risorse potrebbero essere destinate alle aule, agli inseganti e ai libri di testo per tutti i ragazzi.

 

*Il PIRLS è uno studio internazionale che misura la competenza nella lettura nei bambini di 9-10 anni, condotto ogni 5 anni dall’ IEA (International Association for the Evaluation of Educational Achievement), l’Associazione internazionale indipendente formata da istituti e agenzie governativi di ricerca nazionali  per la valutazione dei risultati legati all’istruzione con studi comparativi su larga scala. All’ultima indagine del 2021 hanno partecipato più di 60 Paesi, Italia compresa. 

 

 

 

Immagine by Pixabay

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