Fare la differenza, per ri-creare l’autentica normalità
La produttività è un termine che appartiene al mondo socio-economico e sembra guidare da sempre le scelte di ogni imprenditore piccolo o grande che sia. Ovviamente se un’impresa non è produttiva, si arresta e, lentamente, svanisce dal mercato. Ma la produttività ha dei limiti? Va inserita in un contesto legale, morale, etico e, soprattutto, emotivamente intelligente. Si è parlato in questo giornale e in molti altri del fenomeno aziendale in Argentina in cui nell’azienda a decidere lo stipendio è il lavoratore. Sicuramente una strategia cognitivamente ed emozionalmente intelligente che ha permesso sia all’impresa che ai lavoratori di andare avanti e svilupparsi.
In questo anno e mezzo di pandemia, parte della società si è fermata; abbattuta, mortificata, falcidiata dalla paralisi dei consumi e della produzione. Non tutti hanno vissuto la medesima situazione ed è bene non dimenticarlo quando ci si lamenta all’unisono, ma è innegabile che il disagio economico sia forte e diffuso. Ma la domanda centrale che risuona nelle orecchie, che rimbalza, si arrotola e si srotola senza trovare un porto sicuro è la seguente: “ Si può tollerare la produttività a tutti i costi?
Un quesito annoso che non certo è emerso per ragioni pandemiche, ma che è sempre esistito. Tuttavia, si fa ancora più cocente, nella società del terzo millennio, in paesi appartenenti al G7, assistere inermi a tragedie, forse dettate dalla rincorsa di una produttività, di una ri-parita al di fuori di ogni dispositivo di sicurezza, incurante delle lotte che l’uomo ha portato avanti per arrivare ad avere il diritto di lavorare in sicurezza, di vivere in sicurezza.
23 maggio 2021 (data di per sé tragica per la storia nazionale) la cabina della funivia Stresa-Alpino: Mottarone, sta per finire il tragitto, quando si blocca, inverte la rotta e scende di nuovo a fortissima velocità, poiché sganciata da uno dei cavi. Sembra che i sistemi di frenata fossero disattivati. 14 morti, tutti i passeggeri, tranne un bambino, salvato probabilmente dal padre che lo ha protetto con il corpo.
20 giorni prima, il 3 maggio 2021, Luana D’Orazio, 22 anni, madre di un figlio di 5 anni, muore in un incidente sul lavoro nella zona industriale di Montemurlo (Prato), apprendista operaia che viene inghiottita dal macchinario con il quale sta lavorando.
Come leggiamo sul Corriere della sera di venerdì 18 giugno, sembra (i magistrati stanno indagando) che i servizi di protezione sull’orditoio (la macchina con cui lavorava la ragazza) fosse priva dei sistemi di protezione, così da far funzionare più velocemente i macchinari. Sembra inoltre che, nonostante fosse un’apprendista, Luana D’Orazio venisse lasciata sola a lavorare, contro le regole del contratto di apprendistato che prevede un tutor aziendale. Non è un comportamento anomalo, lo sa chiunque abbia un minimo di esperienza con le dinamiche lavorative.
18 giugno: Adil Belakhdim, 37 anni, sindacalista e lavoratore, travolto da un camion, durante una manifestazione degli operatori della piattaforma logistica Lidl di Biandrate . Il camionista ha forzato il posto di blocco. Gli esperti che seguono le vicende dei manifestanti per la salvaguardia di diritti offuscati, parlano di “tragedia annunciata” per lo scontro quotidiano tra picchetti e i trasportatori.
Le immagini e le notizie dei morti sul lavoro ripercorrano la mente in modo confuso e aggregante, i volti si perdono ma i numeri restano: nel 2020 1.270 casi mortali; nel 2019, l’Inail denuncia 1.156 infortuni mortali sul lavoro, è così potremmo procedere a ritroso.
La “normalità” che si invoca da tutti e che alcuni politici evocano come paonazzi banditori pubblici, è poi così normale? Ci sono forse motivazioni che possano giustificare (termine assai odioso) la totale assenza di cura per l’altro, di rispetto per la vita degli esseri umani che siano a lavoro o che si siano finalmente concessi una pausa dal lavoro?
Il famigerato PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) dovrebbe fare i conti, ri-vedere la cosiddetta normalità e aprire nuovi orizzonti di crescita civile, compito del resto a cui sono chiamati tutti i cittadini, in particolare coloro che possono fare la differenza.
I have a dream: un mondo in cui la normalità è la cura e il rispetto delle norme che ci rendono realmente liberi, per quanto possibile.
Immagine: Le tessitrici di Telemaco Signorini (Galleria d’arte moderna – Milano)