Il lungimirante sogno di Antonio Ratti tra ambiente e arte
Quando il mondo non era ancora violentemente scosso dall’emergenza climatica, visionari e lungimiranti imprenditori italiani del Novecento tenevano in conto l’esauribilità delle risorse naturali della Terra e, comunque sapevano che non dovevano sprecarsi per una concezione olistica del bene comune.
A questo gruppo d’illuminati appartiene Antonio Ratti (Como, 1915 – 2002). Nel 1958 quando si trattò di edificare la sua nuova fabbrica omonima di tessuti, fece costruire un impianto di riciclo dell’acqua, per provvedere all’eccessivo consumo che richiede il tessile che nello stabilimento si produceva a ciclo integrato: filato, tessitura, tintoria, fotoincisione, stampa e finissaggio ed ecco il prodotto finale, che era la seta.
Fino agli anni Settanta, Ratti fece stampare e diffondere tra i suoi dipendenti un giornale che trattava, oltre le notizie d’attualità e del settore moda, l’impatto sul territorio delle acque di scarico delle industrie del settore tessile.
La funzione di una grande azienda per l’imprenditore comasco non si esauriva con la mera produzione, ma doveva assolvere compiti ambientali, sociali e culturali; una costante ricerca sull’innovazione da coniugare con il contesto.
L’organismo edilizio – progettato dall’oggi novantottenne architetto Tito Spini – comprendeva anche la Palazzina dei Servizi Sociali che di giorno fungeva da mensa mentre di sera si trasformava in sede di concerti, spettacoli teatrali nonché di corsi di formazione e dibattiti per i lavoratori.
La collaborazione con il Metropolitan Museum di New York e la formazione
Ratti alimentavano la propria ispirazione per i disegni tessili con lo studio dell’arte antica e contemporanea: quest’attitudine lo portò a raccogliere tessuti provenienti da ogni tempo e parte del mondo che con gli anni ha formato una preziosa collezione (alcune stoffe risalgono al Quattrocento) diventando il cuore della Fondazione, culturale istituita ancora a suo nome nel 1985, promotrice di iniziative, ricerche e studi d’interesse artistico, culturale e tecnologico nel campo del tessile e dell’arte contemporanea.
Nel 1995 la Fondazione, con il Metropolitan Museum di New York ha creato all’interno del museo l’Antonio Ratti Textile center, struttura altamente tecnologica dedita allo studio e alla conservazione dei tessuti.
Dallo stesso anno, la Fondazione si occupa anche di formazione nell’ambito delle arti visive, con l’Artists’Research Laboratory (CSAV), diretto da Annie Ratti.
Il laboratorio riunisce a Como ogni anno per 4 settimane giovani creativi internazionali di tutto il mondo che insieme all’artista ospite, che conduce il programma, organizzano dibattiti, seminari, workshop, conferenze e incontri con artisti, critici ed esperti.
La mostra. Tra arte e tessuto
Tutto questo e molto di più è raccontato e mostrato dal e nell’esposizione Il sogno di Antonio: un viaggio tra arte e tessuto, che si dipana lungo il percorso noto come Chilometro della Conoscenza, tra Villa Olmo, Villa del Grumello, Villa Sucota di Como, fino al 31 gennaio 2022.
Nella mostra, curata da Lorenzo Benedetti, Annie Ratti e Maddalena Terragni, accanto ai materiali di archivio, ai reperti tessili e alle opere realizzate per l’occasione, ci sono stoffe disegnate dai grandi artisti coinvolti nelle attività del Laboratorio didattico come: John Armleder, Julia Brown, Jimmie Durham, Hans Haacke, Mario Garcia Torres, Melanie Gilligan, Renée Green, Joan Jonas, Giulio Paolini, Diego Perrone, Yvonne Rainer e Gerhard Richter.
“La vita di Antonio Ratti è un intreccio tra impresa e arte, creatività e promozione culturale, pubblico e privato – scrivono gli organizzatori -. Il suo pensiero nasce dall’idea che la cultura, la conoscenza e l’arte siano strumenti fondamentali per interpretare il proprio tempo” e quello che verrà.
Immagini: 1) Antonio Ratti (al centro), fondatore del Gruppo Tessile omonimo; 2) Workshop di Jimmie-Durham all’Artists’Research Laboratory (CSAV), Fondazione Ratti; 3) esposizione ‘Il sogno di Antonio: un viaggio tra arte e tessuto’