Zona di lbertà lgbtq. Alias liberi di essere

Il Liceo Artistico Ripetta di Roma  ha deciso di lasciare liberi i propri allievi transgernder di indicare il nome di elezione per la transizione e non quello con cui sono iscritti all’anagrafe.

Libertà, dunque, e rispetto per la volontà delle studentesse e degli studenti transgender il cui nome di transizione sarà visibile anche nei documenti ufficiali scolastici: sul registro elettronico, sul libretto delle assenze e sui quadri.

Il Consiglio d’Istituto ha approvato l’attivazione e la gestione della Carriera Alias, ossia il profilo alternativo e temporaneo delle persone in transizione di genere che possono sostituire all’interno della propria scuola il nome di transizione prima ancora che sia rettificato all’anagrafe. Come già avvenuto in altri licei e Università.

La Rete degli Studenti Medi del Lazio ha invitato anche “tutte le altre scuole del territorio ad adottare questa soluzione”. “Ogni persona in transizione di genere – ha spiegato all’Ansa il portavoce Michele Sicca – deve sentirsi libera di esprimere sé stessa, essere riconosciuta per la propria identità e con il nome che ha scelto, soprattutto all’interno dell’ambiente scolastico. Siamo ragazze e ragazzi dai 14 ai 18 anni. Abbiamo raccolto le testimonianze di chi ha avuto difficoltà con i propri docenti che, pur riconoscendo il loro percorso di transizione e le difficoltà che questo comporta, si rifiutavano di riconoscerli col nome che avevano scelto. Queste difficoltà, se non risolte, possono portare anche all’abbandono scolastico”.

Il Parlamento Europeo

La decisione del Liceo Ripetta ha anticipato di pochi giorni l’approvazione di una risoluzione approvata dal Parlamento europeo l’11 marzo 2021, per proclamare l’Unione Europea “zona di libertà lgbtq” in risposta all’atteggiamento e alle decisioni opposte di alcuni Paesi europei come la Polonia dove oltre 100 territori si sono dichiarati nel 2019, “liberi dalla comunità lgbtq+” bloccando così i finanziamenti alle organizzazioni che contrastano la discriminazione e promuovono l’uguaglianza dei diritti. Come conseguenza la comunità polacca è vittima di violenza e dimostrazioni di odio provenienti dalle autorità pubbliche e dai media filo – governativi.

Situazione simile anche in Ungheria dove nel novembre 2020, la città di Naghykata, seguendo l’esempio polacco, si è dichiarata “free lgbtq” e il parlamento nazionale ha approvato emendamenti costituzionali che negano alla comunità alcuni diritti, fra i quali il riconoscimento legale delle persone trans gender e intersessuali.

La risoluzione dei deputati del Parlamento europeo ha ottenuto 492 voti favorevoli, 141 contrari e 46 astensioni. Chiede alla Commissione – che ha già respinto domande di finanziamenti europei alle aree discriminatorie – di applicare l’articolo 7 del trattato sull’Unione europea, ossia le procedure d’infrazione.

Misure più severe, dunque, per risolvere le gravi violazioni dei diritti fondamentali alla comunità lgbqt all’interno dell’Unione.

Il “free lgbtq” polacco e ungherese rimanda inesorabilmente al judenfrei tedesco applicato nei territori europei dalla dominazione nazista che puntava all’annientamento degli ebrei residenti ma che riguardò anche gli omosessuali altrettanto perseguitati (con altre categorie) e portati nei campi di concentramento, discriminati, paradossalmente anche lì, con il triangolo rosa cucito sulla divisa per gli uomini, triangolo nero per le donne, vittime sottovalutate dell’Olocausto.

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