Quando il gioco non è più gioco
Dappertutto gli uomini non fanno altro che togliersi o vincersi qualcosa a vicenda (Il giocatore, Fëdor Michajlovič Dostoevskij)
Ad inizio di ottobre, si è dato l’avvio ad Orvieto al primo Festival nazionale del gioco e delle tradizioni organizzato dall’Uisp (Unione Sport Italiana per Tutti), caratterizzato da molti tornei, laboratori sul gioco, mostre inerenti il tema ludico, infine le immancabili degustazioni e gli sfiziosi mercatini.
Durante la manifestazione è stato possibile visitare il Palazzo del Capitano del Popolo, il Palazzo dei Sette, Piazza Duomo, Piazza della Repubblica, Piazza del Popolo e Piazza Viviaria, Palazzo Simoncelli, spazi tutti dedicati per l’occasione alle competizioni da tavolo (scacchi, dama, burraco etc ), ai giochi di abilità, ai giochi di movimento (aquiloni, modellismo radiocomandato, tiro alla fune, birilli, mini tennis, tiro con l’arco) e ancora ai giochi di ruolo. Dunque, una ludoteca a cielo aperto nella splendida cornice della cittadina umbra.
L’azzardo è un gioco
Nella stessa mattinata si è svolto un interessante convegno dal titolo L’azzardo non è un gioco, presso il Palazzo del Capitano del Popolo, capeggiato da Carlo Paris, giornalista Rai, che ha ricordato come fra le dipendenze vada annoverata quella da gioco d’azzardo, una patologia che negli ultimi anni sta assumendo la forma di un vero e proprio disagio sociale.
Parimenti al consumo di droga o di alcool anche il gioco d’azzardo in ogni sua forma chiama in causa l’azione congiunta di diversi attori sociali, impegnati ad arginare un fenomeno dai mille volti. Senza dubbio, un problema in inarrestabile crescita.
In quest’ottica significativa la presenza all’incontro del sottosegretario al ministero dell’Economia con delega al gioco, Pierpaolo Baretta a testimoniare la volontà del governo di contrastare la diffusione del vizio. Emblematico, il progetto Umbria no slot che ha dato vita ad un numero verde dedicato. Appare chiaro come le istituzioni locali e statali, le famiglie, le ASL, la scuola di ogni ordine e grado si costituiscano come fronte comune per sensibilizzare una fetta sempre più ampia di soggetti a rischio d’azzardo. Pensionati, minorenni, casalinghe, disoccupati, una rosa di pretendenti in cerca di fortuna!
Il gioco affonda le sue radici in tempi lontani fin da quando l’uomo si è lasciato affascinare dalla possibilità, più o meno plausibile, di manipolare il proprio destino attraverso l’ausilio di numeri e simboli, strumenti in mano della Dea Bendata, capricciosa ed imprevedibile. Insomma la tendenza a sfidare le sorti è piuttosto longeva e si richiama alla magia e ai poteri occulti, elementi di indubbia complessità con cui, a ben guardare, si intrecciò la stessa rivoluzione scientifica.
Il sostrato storico aiuta ad immaginare quanto sia facile cedere alla tentazione di guadagni immediati proprio oggi grazie al proliferare di giochi d’azzardo come i videopoker, i gratta e vinci, le slot machine, il lotto con le sue innumerevoli declinazioni. Tutto in mano al fato che magicamente popola le nostre città di luoghi preposti al gioco, micro Las Vegas nostrane. Vere e proprie monadi del vizio! Così la scommessa con la sorte assume il carattere di male sociale che sfiora gli eccessi in tempo di crisi, quando, paradossalmente, aumenta la gamma di tipologie di gioco sancite dallo Stato. Come se la legalità favorisse la trasgressione.
Eppure al di là di ogni azzardo logico va evidenziato che la ludopatia è una patologia che altera l’equilibrio mentale e più in generale lo stato di salute del soggetto operante. Sebbene esista una sostanziale differenza fra giocatori tout court e giocatori patologicamente compromessi, ossia coloro che hanno sviluppato una dipendenza a tutti gli effetti, la malattia si registra nel momento in cui il soggetto non è in grado di limitarsi.
Il consumo quotidiano del gioco va ad inficiare le relazioni fondamentali della sua esistenza. Similmente ad altre forme di dipendenza, anche per il gioco si può registrare un rapporto problematico, uno di tipo patologico ed infine una tipologia più complessa di patologia impulsivo/dipendente.
In generale, comunque, chi dipende dal gioco è mosso da un istinto incontrollabile, a volte mascherato da una razionalità apparente, la cui funzione è solo quella di sedare il senso di colpa e di procedere all’autoinganno. Un esempio in tal senso è la ripetitività dello schema mentale che giustifica il ricorso al gioco come tentativo di rifarsi laddove si è perso o, viceversa, di approfittare della fortuna che offre un’occasione di guadagno.
L’illusione di denaro facile diviene una possibilità reale mentre si vive minacciati da una pressione fiscale insostenibile, da uno spread incomprensibile, da una politica non più memore dei suoi obbiettivi. Motivi contingenti che spingono i nuovi utenti a non vedere davvero quale pericolosità sia insita nel gioco. Infine a coronamento del fenomeno un ruolo determinante spetta ai messaggi pubblicitari che invitano a dare una svolta, a cambiare il proprio destino senza troppa fatica. Mistificazioni dei sogno perché, in fondo, la speranza è l’ultima a morire.
Foto di copertina: I giocatori di carte di Paul Cezanne