Perché l’Africa sub sahariana è carente di ossigeno medicale

Secondo l’inchiesta condotta dal The Bureau of Investigative Journalism (TBIJ – organizzazione giornalistica no profit con sede a Londra), per colpa di 2 grandi gruppi internazionali della produzione e distribuzione delle bombole d’ossigeno medicale (imprescindibile per curare gli effetti gravi del Covid-19, in mancanza di una cura specifica) gli ospedali africani ne sono carenti e in piena diffusione della pandemia spesso non ne hanno da somministrare ai pazienti, condannati così, a conseguenze fatali.

Le aziende monopoliste  

Le 2 multinazionali, Linde Group e Air Liquide, che detengono la maggior parte del mercato delle bombole d’ossigeno in Africa, hanno determinato al servizio costi troppo elevati, soprattutto per le strutture ospedaliere minori, costrette quindi a limitare l’approvvigionamento necessario per affrontare gli effetti del Covid-19 e quelli di altre patologie.

È quanto affermano addetti ai lavori, personale ospedaliero, ex dipendenti delle società di gas e parenti di pazienti, intervistati dai giornalisti del TBIJ. Quest’ultimi hanno contattato anche le 2 aziende monopoliste. Linde Groupe, pur non volendo commentare l’accusa, ha dichiarato che “avrebbe fatto tutto il possibile per continuare a rifornire in modo affidabile i nostri clienti”. Più loquace, invece, Air Liquide la quale, oltre a rispondere alle varie domande, ha precisato: “Abbiamo fatto tutto il possibile per garantire l’approvvigionamento durante la pandemia. Ci impegniamo a garantire che il maggior numero possibile di pazienti nell’Africa sub sahariana riceva le cure appropriate e lavoriamo con l’Unicef e una serie di altre istituzioni internazionali, governi e ONG, per aumentare l’accesso all’ossigeno nella regione”.

Perché nei paesi sviluppati l’ossigeno medicale costa molto meno

Nelle strutture ospedaliere europee e nordamericane l’ossigeno liquido, trasportato da grandi cisterne, è consegnato e immagazzinato nei grandi contenitori degli ospedali, dai quali, trasformato nuovamente in gas, è convogliato direttamente alle postazioni letto del paziente. Questo sistema è di gran lunga più efficace e più economico rispetto a quello dell’ossigeno in bombole di gas compresso (e al loro trasporto), come ancora avviene, generalmente, nei Paesi più poveri e dove per questo l’ossigeno arriva a costare in volume cinque volte in più rispetto ai Paesi sviluppati.

“Il prezzo di una bombola di ossigeno da 6,8 metri cubi (una bombola a “J”) – riporta l’inchiesta del TBIJ – sufficiente per curare un adulto per circa un giorno, varia dai $ 112 – trasporto compreso – in Guinea ai $ 23 in Kenya (in tal senso Air Liquide ha affermato che il confronto dei prezzi tra i paesi è “ingiusto” perché i costi di produzione variano.) I costi aggiuntivi possono includere una tassa di deposito della bombola di circa $ 300, una tariffa mensile di noleggio della bombola di circa $ 25 e il pagamento per il trasporto delle bombole. Poiché alcuni grandi ospedali necessitano fino a 80 bombole al giorno, i costi possono rapidamente aumentare”. Così si spiegano le segnalazioni di carenza di ossigeno provenienti dall’Africa sub sahariana, soprattutto da molti ospedali e centri anti covid-19 della Nigeria, Kenya, Burkina Faso, Guinea, Sud Africa, Sud Sudan, Camerun, Etiopia e Tanzania.

Il divario dei costi fra l’ossigeno medicale e quello industriale. Per alcuni, ingiustificato

Air Liquide e il Gruppo Linde sono società europee (con sede in Francia la prima, in Germania la seconda),  le cui filiali africane includono Afrox e British Oxygen Company (BOC). Operano in quasi tutti i paesi dell’Africa. Ma gli ospedali rappresentano solo una piccola parte della loro attività. Apprendiamo da TBIJ, che forniscono “anche il cosiddetto ossigeno industriale all’industria mineraria, chimica, della saldatura e alimentare. A livello globale il Gruppo Linde e Air Liquide hanno realizzato ricavi rispettivamente di 28 miliardi di dollari e 24,5 miliardi di dollari nel 2019”.

Secondo gli analisti ed ex dipendenti delle aziende del settore ascoltati da TBIJ  “alcune società del gas hanno probabilmente realizzato margini di profitto compresi tra il 45% e l’88% sull’ossigeno medicale. Air Liquide ha addebitato fino a un terzo in più per l’ossigeno medicale rispetto all’ossigeno industriale, anche se proviene esattamente dallo stesso impianto a gas; BOC/Afrox ha addebitato fino a sette volte di più per il suo ossigeno medicale”. Air Liquide ha replicato che “la richiesta di margine dell’88% è totalmente imprecisa e non riflette la realtà economica della nostra attività in Africa o la natura competitiva del mercato”.

A differenza delle bombole industriali le medicali vengono ri-raccolte “completamente svuotate, quindi pulite e solo allora riempite nuovamente” e ridistribuite.  E questi passaggi, secondo alcuni ex dipendenti interpellati da TBIJ, spiegano “perché l’ossigeno medicale costa di più”. E Air Liquide aggiunge che “l’ossigeno medicale non può essere prodotto o distribuito in modo spontaneo. Deve essere della massima qualità tracciabile”.

L’ossigeno medicale, precisa TBIJ, è classificato come un farmaco, pertanto le aziende produttrici “devono registrarsi presso l’autorità medica locale” e sono sottoposte “a sistemi più rigorosi” che testano la purezza dell’ ossigeno e ne tracciano gli spostamenti in modo da poter risalire all’azienda, se si verificano dei problemi.

I bambini. Le prime vittime di un annoso problema

Ma anche considerando tutti le varie fasi produttive e amministrative e le difficoltà poste dalla mancanza di un’omogenea rete di infrastrutture in un continente grande e politicamente difficile com’è l’Africa,  sul divario dei costi ci sono voci discordanti, come ricorda ancora l’inchiesta di TBIJ, fra cui quella di un ex-dipendente di un’azienda di gas, che vuole restare anonimo, che senza mezzi termini ha considerato “la discrepanza tra i prezzi dell’ossigeno medicale e industriale” un mero “sfruttamento”.

Altri hanno aggiunto che “non c’è giustificazione per il divario dei costi” e che “la crisi del Covid-19 evidenzia la necessità per i governi di trattare i gas medicinali come strategici, senza rimanere alla mercé di produttori e fornitori stranieri”.

In Africa, dunque, la pandemia del nuovo coronavirus sta mettendo in evidenza l’annosa carenza cronica di ossigeno nel continente che miete vittime anche per altre patologie e del quale le prime vittime sono i bambini. La polmonite, pre-Covid 19,  è la principale causa di morte infantile nel mondo. Nel 2018, precisa TBIJ “nell’Africa sub sahariana quasi mezzo milioni di bambini sono morti di polmonite batterica. Un migliore accesso all’ossigeno e agli antibiotici ne avrebbe potuto salvare molti”.

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