Ospedali aperti. Una battaglia di tutti per un diritto inalienabile di tutti

Le persone che vengono ricoverate in ospedale sembrano essere prese in ostaggio. Per le persone care è molto difficile starle accanto: gli orari di visita sono rigorosamente brevi e inderogabilmente fissi anche nel giorno fatidico dell’intervento chirurgico.

Chi scrive è reduce dell’amara esperienza di essere stata costretta a rimanere per oltre 120 minuti in piedi, facendo avanti e indietro davanti al reparto, in attesa di sapere l’esito dell’operazione e rivedere il proprio caro. Avanti e indietro in un lungo corridoio privo di panche d’attesa, quando la stanchezza aumentava seduta sulle scale. Poi, finalmente, la porta del reparto si è aperta, sono stata chiamata per rivedere la persona cara, ma appena il tempo di stringergli la mano che sono stata invitata ad andare via.

È accaduto in un grande nosocomio romano, dove almeno nel reparto in questione, le visite sono circoscritte a un’ora, a metà giornata, tutti i giorni, per buona pace per quei parenti che non hanno un lavoro con orario flessibile ed è difficile immaginare come facciano ad organizzarsi.  E non si può chiamare in causa il post-pandemia, come accade, perché in Italia è sempre stato, nella maggior parte delle strutture sanitarie, così.

Eppure basterebbe prendere esempio dagli ospedali del Nord Europa dove non hanno orari di visita, consapevoli che per un malato la vicinanza di una persona cara cura quanto la medicina.

L’Associazione Salvagente, che da tempo porta avanti la battaglia Ospedali Aperti, è riuscita a far approvare nel febbraio 2022 la legge che rispristina il diritto all’accesso dei parenti nei reparti di degenza ospedaliera. Particolarmente attenta nei riguardi delle partorienti alle quali – insieme ai degenti di età dagli 85 in su – garantisce assistenza continuativa dei caregiver familiari.

La discussione della legge è stata accompagnata dalla relazione di Alberto Giannini, primario della Terapia Intensiva Pediatrica degli Spedali Civili di Brescia, dove emerge che se in Italia la percentuale delle terapie intensive e dei reparti è del 2%, in Norvegia e Svezia è del 100%.

Mirko Damasco, presidente di Salvagente in quell’occasione ha ribadito che “stare accanto a un proprio caro in un momento delicato come un ricovero è un diritto inalienabile. L’amore è cura: aiuta nel processo di guarigione”.

Questo provvedimento garantisce in tutto il territorio nazionale l’accesso giornaliero in reperto e visite non inferiori ai 45 minuti e stabilisce che i Direttori sanitari non hanno più la discrezionalità di vietare le visite dei parenti in nessun reparto ospedaliero, incluse le terapie intensive, RSA o Sala parto.

La legge ha stabilito la vicinanza al degente della persona cara come un diritto inalienabile e ha ribadito principi e condizioni importanti quando le strutture sanitarie pubbliche sembravano adagiarsi e indugiare sulle misure restrittive prese durante la pandemia.

E, come dimostra l’esperienza appena vissuta, siamo ancora lontani dai modelli avanzati del Nord Europa dove, pur fissando le proprie regole, evitano inutili sofferenza per i degenti (aggravando le loro condizioni) e parenti.

La battaglia Ospedali Aperti: una battaglia comune che deve continuare.

 

 

Immagine di RODNAE Productions – pexels.com

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