La fabbrica dei sogni e il festival letterario della working class

 La fabbrica dei sogni è il titolo del libro scritto dalla giornalista Valentina Baronti, che tratta la precarietà lavorativa che diventa  esistenziale e sociale, prendendo le mosse dal caso dell’azienda GKN di Campi Bisenzio.

La sua genesi, così come la sua struttura narrativa e stilistica, si sviluppa su più piani, ciascuno dei quali merita di essere raccontato.

C’era una volta la fabbrica

L’azienda multinazionale GKN – produttrice di componenti automobilistici e aerospaziale di proprietà del fondo d’investimenti britannico Melrose – è salita all’onore delle cronache quando nel luglio 2021 licenziò più di 400 persone della sede toscana, con l’invio di una e-mail, senza essersi confrontata preventivamente con i sindacati, con i quali aveva siglato un accordo soltanto pochi mesi prima.

Di più: l’email di licenziamento partì in un giorno di ferie dato ai lavoratori. L’azienda, quindi – la cui intenzione era delocalizzare verso Paesi con un costo del lavoro inferiore – voleva evitare l’impatto in fabbrica dell’inaspettata notizia.

Tuttavia, non tenne conto della forza reattiva dei suoi dipendenti, i quali, nel giro di poche ore, indissero un presidio permanente alle porte dell’azienda, con la solidarietà della società e dalla politica locale.

Nel settembre 2021 il Tribunale di Firenze, su ricorso del sindacato Fiom-Cgil, sentenziò contro il comportamento antisindacale dell’azienda, costringendola a revocare i licenziamenti. Melrose andò in appello con la volontà di chiudere lo stabilimento.

Il Festival di Letteratura Working Class. Il crowdfunding

A distanza di anni la vertenza tra i lavoratori e l’azienda è tutt’altro che risolta.

Il presidio iniziale si è trasformato in un collettivo, anzi nel Collettivo di Fabbrica GKN, talmente fervido di idee ed energia da aver fra l’altro, istituito un evento culturale, il Festival di Letteratura Working Class, giunto quest’anno alla sua seconda edizione (dal 5 al 7 aprile 2024, a Campi di Bisenzio) con la collaborazione di Edizioni Alegre e l’Arci Firenze.

Antecede la manifestazione la richiesta a “chi è nato in case senza libri, dove nessuno ha una stanza tutta per sé” di scrivere la propria storia.

Un’altra richiesta di “solidarietà attiva” è rivolta a “chi pensa che la classe lavoratrice debba raccontare la propria storia per tornare dentro l’immaginario collettivo e diventare più forte nel rivendicare i propri diritti”.

Senza sponsor ne pubblici né privati per l’organizzazione del Festival, ma con il supporto  di chi crede che collettivismo è anche rappresentazione e rappresentazione significa “esserci e contare”.

La fabbrica dei sogni

Lo stesso libro La fabbrica dei sogni (ed. Alegre) è germogliato, per usare un termine della sua autrice, nell’ambito del Collettivo.

Valentina Baronti racconta di Agata, lavoratrice precaria, e di Lorenzo, personaggio onirico, che fa l’operario.

La storia di Agata è composta in parte dalla storia dell’autrice ma soprattutto da tante storie vere di precarietà, Lorenzo, invece, appare sotto forma di sogno perché vive una condizione, quella dell’operaio, che Valentina Baronti non ha vissuto direttamente, ma le storie che scandiscono il personaggio sono altrettanto vere.

Nella parte finale il racconto assume la forma epistolare per due scopi.

Il primo motivo perché è qui, nella parte del libro in cui Agata diventa Valentina, ossia l’autrice racconta di sé e delle sue esperienze lavorative.

Il secondo motivo è il tentativo  di instaurare un dialogo con i giovanissimi, che conoscono soltanto la realtà della precarietà, mentre la scrittrice vorrebbe narrargli di quando insieme i lavoratori, con la conquista e il mantenimento dei diritti, avevano reso la fabbrica il luogo dei loro sogni.

La lettera

Aveva 15 anni Valentina Baronti, quando il padre operaio, le chiese di prestargli le parole – a lei che studiava – per scrivere la lettera di revoca dal suo incarico dalla GCIL  Non poteva accettare che l’allora segretario del sindacato, Bruno Trentin, aveva firmato l’accordo che poneva fine alla scala mobile, il meccanismo che automaticamente adeguava i salari all’aumento dei prezzi.

Fu una decisione spartiacque: iniziava il declino dei sindacati, il declino di una storia che è stato il simbolo in Italia di generazioni che hanno visto la loro vita evolvere.

Riannodarsi a quella storia di diritti che i giovani non conoscono vuole dimostrare loro il valore dell’unità, del fare gruppo in modo da costituire la rappresentanza (che non nasce da sola), per tornare a fissare le regole della contrattazione.

Perché ciò che non si rappresenta non esiste.

 

Immagine in fondo: Valentina Baroni, autrice del libro ‘La fabbrica dei sogni’. Foto tratta dalla pagina Facebook dell’autrice

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