Donne al voto. La prima volta 70 anni fa

10 marzo 1946, prmo suffragio femminile

10 marzo 1946, prmo suffragio femminile

Il 10 marzo 2016 ricorre una data particolare nella storia italiana e, in particolare, nella storia dei diritti delle donne. Il 10 marzo di settant’anni fa, le donne italiane poterono, per la prima volta, esercitare il loro diritto di voto alle elezioni amministrative del 1946, la prima consultazione elettorale dopo la caduta del regime fascista.

Dopo pochi mesi, il 2 giugno 1946, vennero richiamate alle urne per il referendum monarchia – repubblica. E il voto femminile a favore della Repubblica superò quello maschile.

Il diritto di voto era stato sancito il 31 gennaio 1945, con la pubblicazione, il giorno successivo, del decreto regio, che riconosceva il diritto del popolo italiano al suffragio universale, ma ancora escludeva le donne all’eleggibilità.  Conquista, quest’ultima, che avvenne l’anno successivo, esattamente lo stesso giorno delle già citate elezioni amministrative. Il 10 marzo 1946 il decreto n. 74 “Norme per l’elezione dei deputati all’Assemblea” affermava: ”Sono eleggibili alla’Assemblea Costituente i cittadini e le cittadine italiane che, al giorno delle elezioni abbiano compiuto il 25° anno di età.”

La questione del suffragio femminile si era posta fin dagli albori dell’Unità d’Italia. Il primo disegno di legge in favore risale al 1867 a firma di Salvatore Morelli. Negli stessi anni, esattamente nel 1864, Anna Maria Mozzoni giornalista e attivista dei diritti umani, nonché nome storico del femminismo italiano, nel suo libro La donna e i rapporti sociali invitava le donne a “protestare” contro la loro condizione di estromissione alla vita pubblica e a chiedere almeno il diritto elettorale, se non quello di essere elette. Considerava fondamentale, l’emancipazione femminile, per fare dell’Italia unita un paese moderno.

L’Italiana, infatti, non rimase estranea al Movimento Femminile fondato negli Usa dalle suffragette, il cui nome deriva dall’appunto rivendicazione del diritto al voto, e che vide il suo momento culminante nel 1889 con “Il Consiglio Internazionale delle Donne” e, nell’ambito dello stesso consiglio, la nascita dell’Alleanza Internazionale Pro Suffragio”.  A Roma, infatti, nel 1903 veniva creato il “Il Consiglio Nazionale delle Donne Italiane, e, di seguito “L’Alleanza Femminile Pro Suffragio”. Il Consiglio Nazionale organizzerà poi tre congressi, nel 1908, 1914 e 1923, riuscendo a riunire le militanti di diversa provenienza politica, ideologica e sociale.

Nel 1919 le donne italiane conquistarono il diritto giuridico e addirittura il beneplacito dell’allora pontefice Papa Benedetto XV, che pubblicamente si Anna Maria Mozzonidichiarò favorevole al suffragio femminile.

Probabilmente, senza l’ascesa del fascismo, le donne italiane avrebbero raggiunto la meta del diritto al voto, anche se non universale, in linea con paesi come la Gran Bretagna (1918 e 1928 universale), Germania (1919) o Stati Uniti (1920).

Lo stesso Benito Mussolini, da un anno a capo del governo italiano, partecipando al Congresso Nazionale del 1923, promise di concedere alle italiane il diritto di voto per le elezioni amministrative; nel giugno successivo apparve il relativo disegno di legge, anche se limitato a determinate categorie, approvato poi 1925. Ma la riforma podestarile del 1926 ne annullò gli effetti.

Mentre nel 1928 la degenerazione del regime fascista in totalitarismo, venne sancita dall’ulteriore e definitiva riforma del sistema elettorale (dopo la famosa legge Acerbo del 1923), che vide negare la sovranità popolare, liquidare il lavoro parlamentare, concentrando il potere sulla figura del Capo del governo.

Le legge “Testo unico 2 settembre 1928, n. 1993” prevedeva la presentazione di una lista unica nazionale di 400 candidati, compilata dal Gran Consiglio del Fascismo, dopo aver raccolto le designazioni dei candidati dalle confederazioni dei sindacati, e altri enti e associazioni, riconosciuti dal regime.  Quindi con questa legge non solo si fermò il percorso delle donne italiane, ma si tolse il diritto di voto anche agli uomini, fino al già citato decreto regio del 31 gennaio 1945.

 

La vera storia dell’8 marzo

Un immagine di suffragette a New York, inizio 900

Un immagine di suffragette a New York, inizio 900

Una particolare attenzione merita la genesi della festa della donna, l’8 marzo appunto.

Per molto tempo si è scritto che l’8 marzo ricordi la morte di centinaia di operaie, a causa del rogo di un laboratorio di camicie a New York nel 1908. Non è vero. Si tratta in realtà di una leggenda o più probabilmente si confonde con un fatto realmente accaduto ma nel 1911, quando il 25 marzo prese fuoco la fabbrica Triangle, dove persero la vita 123 donne e 23 uomini.

Quel che è certo e che “il giorno della donna”, prende le mosse dagli Stati Uniti, luogo dove troviamo il primo riferimento storico e data certa. Il 3 maggio del 1908, l’abituale conferenza domenicale organizzata dal Partito Socialista di Chicago fu presieduta da Corinne Brown, e la denominò Woman’s day, perché aveva invitato tutte le donne, a prescindere dalla loro ideologia politica per discutere dei problemi di lavoro, discriminazione sessuale e del diritto di voto.

Da quell’iniziativa parti la decisione del Partito socialista americano di raccomandare a tutte le sezioni di indire l’ultima domenica di febbraio come giorno dedicato alla rivendicazione del diritto del voto femminile. Di conseguenza il 23 febbraio 1909 gli Usa videro celebrare la prima e ufficiale giornata dedicata alla donna.

In Europa e precisamente a Copehaghen, nel corso della “Conferenza internazionale delle donne socialiste” svoltasi dal 26 al 27 agosto 1910, le delegate americane proposero di istituire una giornata dedicata alla donna e che fosse comune ai due continenti.

La risoluzione fu accettata, ma mentre in America la woman’s day continuò a celebrarsi l’ultima domenica di febbraio, in alcuni paesi europei venne scelta la data del 19 marzo.

La tradizione del giorno della donna venne interrotta dalla prima guerra mondiale. Ma l’8 marzo del 1917 (il 23 febbraio per i Russi che ancora

 Londra, 1919. Suffragetta inglese resiste alla polizia

Londra, 1919. Suffragetta inglese resiste alla polizia

seguivano il calendario giuliano) le donne di San Pietroburgo organizzarono una grande manifestazione a favore della fine della guerra. A quella manifestazione ne seguirono altre che sancirono la fine dello zarismo. Ed è così che l’8 marzo del 1917 divenne ed è la data – simbolo che segna l’inizio della Rivoluzione russa di Febbraio. E come data simbolo, che la Seconda conferenza internazionale delle donne comuniste del 14 giugno del 1921, la indicò e la fissò come la “Giornata internazionale dell’Operaia”. In Italia venne introdotta nel 1922, dal Partito comunista.

Nel 1972, con la risoluzione 3010, l’ONU proclamava il 1975, “!’ Anno Internazione della Donne”. Nel dicembre 1975, sempre l’ONU proclamava il “Decennio delle Nazioni Unite: equità, sviluppo e pace, 1976 – 1985”, mentre nel 1977 con la risoluzione 32/142 propose a ogni Stato membro di dedicare un giorno dell’anno alla “Giornata delle Nazioni Unite per i diritti delle Donne e per la pace internazionale”. Ed essendo l’8 marzo la data che più ricordata e diffusa, divenne la data ufficiale per tutti gli stati membri.

Da allora ogni 8 marzo viene ricordata la condizione delle donne nel mondo, si celebrano le loro conquiste politiche, sociali ed economiche e  si pone particolare attenzione alle violenze e alle discriminazioni di cui le donne sono state e sono ancora vittime, in molte parti del mondo.

Auguri a tutte le donne!

 

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