Consiglio di Stato. Rivediamo la bocciatura
Il tema della bocciatura scolastico è controverso e una recente ordinanza del Consiglio di Stato -10 febbraio 2020 – ha portato a un commento socio-giuridico da parte dello Studio Legale Avv. Michele Bonetti & Partners che riportiamo di seguito.
Non solo sul merito della questione, ma anche di carattere processuale-amministrativo. Un principio già sancito in precedenza dalla magistratura amministrativa, di massima tutela per gli studenti della scuola secondaria di primo grado.
Il tema è quello delle bocciature nella scuola primaria, molto delicato in quanto in questa particolare fase della crescita e formazione scolastica l’alunno può trovarsi nella difficoltà di dover affrontare un percorso non sempre caratterizzato da un rendimento omogeneo.
Su tale presupposto la legge, ed in particolare il D.lgs. 13 aprile 2017 n. 62 –Norme in materia di valutazione e certificazione delle competenze nel primo ciclo ed esami di Stato– e la Circolare n.1865 del 10.10.2017 –Indicazioni in merito a valutazione, certificazione delle competenze ed Esame di Stato nelle scuole del primo ciclo di istruzione mirano a favorire l’apprendimento e l’andamento scolastico dello studente.
Il consiglio di classe è obbligato a tenere in considerazione periodi scolastici ampi per decretare l’eventuale bocciatura. In ogni caso si accorda preferenza a strumenti alternativi e meno invasivi della bocciatura per consentire all’alunno di recuperare le lacune anche in più materie.
Il caso in esame, per l’appunto, concerne un giudizio (illegittimo) del consiglio di classe di mancata ammissione all’esame di terza dells scuola secondaria di I grado, considerando il solo arco temporale dell’ultimo quadrimestre dell’ultimo anno scolastico.
Gli spunti critici ulteriori sulla vicenda nascono però, dal rilievo effettuato dal Consiglio di Stato circa il comportamento tenuto dall’Amministrazione nel processo.
Il Collegio giudicante ha evidenziato che, nonostante il provvedimento (ovvero, la bocciatura) si fosse fondato, sull’analisi del “secondo quadrimestre”, la difesa dell’Amministrazione aveva in realtà affermato una diversa e contrastante ricostruzione dei fatti.
Per la prima volta nel corso del giudizio, infatti, emergeva la deduzione che la mancata ammissione all’esame avesse alla base una valutazione operata sull’intero arco scolastico dell’alunna e che le lacune si riferissero, dunque, ad una condizione insanabile su tutto il triennio.
Tra l’altro il provvedimento ben si adatta al caso di specie considerando la circostanza che la media dei voti era prossima alla sufficienza e che, nei fatti, in sole due materie vi fossero insufficienze (di cui una non grave).
Non è mancata la chiara presa di posizione del Supremo Collegio – Corte di Cassazione. Vi è una contraddizione insanabile tra quanto affermato nell’atto amministrativo impugnato e le deduzioni difensive prodotte dall’Amministrazione in appello.
Nel caso di specie, dagli atti procedimentali della scuola emergeva la sola considerazione dell’ultimo quadrimestre, mentre ciò che veniva dichiarato (e che non risultava agli atti) concerneva una presunta analisi più ampia, come impone la giurisprudenza maggioritaria in materia.
Quello che viene sancito, oltre all’importanza della pronuncia per la tutela degli interessi dei soggetti coinvolti, è un’applicazione peculiare dei poteri valutativi del giudice. Nella fattispecie è risultato decisivo il comportamento processuale tenuto dalla parte pubblica, difesasi con argomentazioni aggiuntive e contrastanti rispetto al contenuto dell’atto amministrativo emanato.
L’acuta osservazione dell’Ordinanza rielabora in chiave tecnica e garantista i principi di cui all’art. 114 c.p.c., fatti propri dal c.p.a. con l’art. 64, che considera il comportamento processuale un argomento di prova.
Nel processo amministrativo si rilevano, dunque, le deduzioni svolte dalla parte pubblica in quanto in contraddizione con le motivazioni del provvedimento amministrativo.
La contraddizione tra la motivazione addotta dalla difesa dell’Amministrazione e quella presente nel provvedimento impugnato impone, come condivisibile, il riesame invocato nel giudizio per il tramite di un’istanza cautelare, nel caso di specie, finalizzata alla rinnovazione del giudizio di ammissione.
In tal modo il pronunciamento pare collocarsi in linea con le ordinanze propulsive tramite le quali il Giudice Amministrativo, in sede collegiale, può sollecitare un’attività della P.A.; e così, con la misura cautelare del riesame, (provvedimenti emessi nel periodo intercorrente tra l’inizio del procedimento penale e l’emanazione della sentenza) o di remand, non si sospendono semplicemente gli effetti del provvedimento impugnato, ma in modo equilibrato il Giudice di seconde cure in sede collegiale richiede all’Amministrazione di riesaminare la questione e di rideterminarsi.
Lo studente ed i suoi genitori vedranno, grazie al provvedimento in analisi, una riforma del giudizio disposto dalla scuola in senso conforme alle norme di legge