Adozioni in Italia. Punto nevralgico per la società civile
Il disegno di legge Cirinnà sulle unioni civili che stenta a decollare per l'”invitato di pietra”, l’ormai famigerato articolo 5 che mira a regolarizzare i bambini già nati all’interno di una coppia, a prescindere dal genere, ha innestato un dibattito controverso e non pertinente su una pratica non menzionata nella proposta di legge: la maternità surrogata. L’estensione della stepchild adoption (adozione del figliastro/a) alle coppie omogenitoriali equivale secondo gli oppositori dell’articolo a un “cavallo di Troia” per la maternità surrogata.
La maternità surrogata o, come viene tecnicamente indicata, la gestazione (o gravidanza) d’appoggio (o per altri), acronimo GPA, riguarda la maggioranza delle coppie etero.
Secondo le statistiche, le coppie italiane non fertili si aggirano tra il 15 e il 17%. Queste ultime, spesso, ricorrono alle pratiche della procreazione assistita o alla GPA (all’estero perché in Italia è vietata), dopo aver tentato per anni, senza successo, di adottare un bambino.
Ed ecco che emerge un punto cruciale del diritto civile e della società “civile”: le adozioni. Procedura farraginosa e spesso inattuabile o pratica giuridica accessibile? Un excursus sui dati nazionali ed internazionali ci potrà aiutare ad avere un quadro realistico della situazione.
Universo adozioni
Adottare un bambino (non solo in Italia dove il problema è di vecchia data), risulta sempre più difficoltoso. In Spagna, ad esempio, il numero di bambini nati dalla procreazione assistita, ha superato il numero dei bambini adottati.
Secondo i dati forniti dall’Istat in Italia il numero dei bambini adottati, si aggira stabilmente a poco più di 1000 a fronte di una richiesta di circa 10.000 coppie.
Tra i minori adottabili, rimane una percentuale di non adottati per ragioni di età (troppo grandi) o perché portatori di handicap. Di più non è dato sapere, perché l’Italia, ancora oggi, non dispone di una Banca dati nazionale, sui minori adottabili e sulle coppie disponibili all’adozione, contravvenendo a quanto disposto dalla modifica di legge149/2001 .
Tutte le informazioni giacciono presso i Tribunali dei Minori di competenza residenziale. Di conseguenza non si hanno dati riguardanti l’età dei minori non adottati, il loro tipo di patologia e sul livello di disponibilità delle famiglie che vogliono adottare. Ossia non si procede, al confronto e all’incrocio dei dati tra adottanti e adottabili a livello nazionale, che faciliterebbero una migliore abbinabilità tra le famiglie e il minore, favorendo il numero delle adozioni.
Le legge per le adozioni nazionali e internazionali
L’adozione nella sua concezione assistenziale è stata introdotta, nel quadro giuridico italiano, soltanto nel 1967, con la legge 5 giugno.
Prima di allora l’infanzia abbandonata era regolata dall’Istituto dell’Affiliazione, che non garantiva nessun rapporto di filiazione tra adottato e adottante, poteva essere revocata in qualsiasi momento e il minore venire assegnato anche a una persona singola.
Per adozione s’intendeva un rapporto di reciproco interesse e, infatti, l’adottato doveva aver raggiunto la maggiore età. Se minorenne, l’adottante doveva aver superato il cinquantesimo anno di età e non avere figli legittimi.
Soltanto dal 1983 con la legge 184/ 83, modificata dalle successive n° 476/98 e 149/2001, il minore e le sue necessità sono state poste in primo piano e, ha acquisito, il diritto ad avere una famiglia.
Per adottare un bambino sono necessari i seguenti requisiti:
– gli adottanti devono essere una coppia formata da eterosessuali, coniugati da almeno tre anni o, se appena coniugati, devono dimostrare al giudice di aver convissuto prima del matrimonio in forma “stabile e continuativa” per almeno tre anni;
– l’età dei coniugi deve essere da un minimo di diciotto anni a un massimo di quarantacinque in più, rispetto all’adottante. Questi limiti di età possono essere superati soltanto se uno dei due coniugi ha dieci anni di più rispetto al massimo di età stabilito, se i coniugi hanno un figlio naturale in età minore, o se si adottano un fratello o sorella di un bambino già adottato, sempre se la mancata adozione procura un danno grave al minore;
– i coniugi devono essere affettivamente “idonei e capaci di educare, istruire e mantenere i minori che intendono adottare”.
Il testo di legge non specifica se l’idoneità si estende anche alla salute fisica degli adottanti. Una patologia di uno dei due o di entrambi i coniugi non procura l’inidoneità automatica, ma ogni singolo caso viene valutato e deciso dal giudice.
La prassi per l’adozione
I coniugi che decidono di adottare un bambino devono presentare una richiesta al Tribunale per i minorenni, con la quale specificano se vogliono adottare più fratelli, o con disabilità.
Il tribunale dei minori valuta la sussistenza dei requisiti e l’idoneità della coppia, attraverso le opportune indagini compiute dai Servizi socio-assistenziali degli Enti locali.
Le indagini si svolgono per raccogliere tutti gli elementi sulla capacità dei coniugi di educare il minore, sulla loro situazione personale, economica e fisica, sull’ambiente familiare, sui motivi della loro volontà di adozione. Le indagini si devono svolgere in un lasso di tempo, non superiore ai centoventi giorni.
Una volta che i Servizi sociali esprimono i loro pareri e presentano la loro relazione al Tribunale dei minori, quest’ultimo, previo un ulteriore colloquio con un Giudice, dichiara l’idoneità o meno della coppia richiedente.
Se idonei, ai coniugi viene consegnato il minore in regime di affidamento pre-adottivo, che ha la durata di un anno, durante il quale il Tribunale vigila sull’andamento dell’affido tramite i Servizi sociali locali. Se durante la convivenza tra il minore e gli adottanti sorgono ostacoli insormontabili, l’affido viene revocato. Altrimenti allo scadere dell’anno di affidamento, il Tribunale dichiara l’adozione.
Per le adozioni internazionali, una volta che il Tribunale per i minori dichiara l’idoneità della coppia, quest’ultima avrà un anno di tempo per fare richiesta di adozione a uno degli Enti Autorizzati (in Italia sono 65, dato Ai.Bi) dalla Commissione delle Adozioni internazionali.
Naturalmente l’iter è più complesso perché, come leggiamo sul sito della Commissione, “l’adozione internazionale è l’adozione di un bambino straniero fatta nel suo paese, davanti alle autorità e alle leggi che vi operano. Perché una simile adozione possa essere efficace in Italia è necessario seguire delle procedure particolari, stabilite dalle leggi italiane e internazionali. Altrimenti l’adozione straniera non sarà ritenuta valida e il bambino non potrà entrare in Italia. Per di più, in certi casi, l’inosservanza delle leggi sull’adozione può costituire reato.”.
Le adozioni complesse e “in casi particolari”
Per adottare, quindi, l’iter giuridico e burocratico si traduce in pratiche lunghe (in termini di anni, circa 25 mesi), complesse e costose. E nonostante la sproporzione tra il numero dei richiedenti, ben maggiore rispetto al numero dei minori adottati, secondo l’Ai.Bi (Associazione Amici dei Bambini), concorde con altre associazioni del settore, le richieste italiane di adozione nazionale e internazionale sono in netto calo.
Diminuisce la richiesta di adottabilità, tra il 2004 e il 2010 è pari al 32%, ma sono in vigoroso calo anche le dichiarazioni d’idoneità emesse dai Tribunali, scese dal 2006 al 2010 del 49%.
Tra le varie difficoltà, le associazioni competenti formano una voce unanime nel denunciare la mancanza di una – già menzionata in questa sede – banca dati nazionale, che registri e unisca i dati e le caratteristiche degli adottanti e degli adottati.
Altro fattore importante, come segnala l’Anfaa (Ass. Naz. famiglie adottive, affidatarie), sempre imputabile alle istituzioni è il “mancato sostegno alle adozioni complesse”.
L’articolo 6 (comma 8) della legge 149/2001, prevede che le Regioni e gli enti locali anche se “nei limiti dei propri bilanci” sostengano le coppie che adottano un minore di età superiore al dodicesimo anno e portatore di handicap. Il sostegno previsto deve essere di natura economica e comporta l’aiuto nella formazione e nell’inserimento sociale del minore, fino al compimento del suo diciottesimo anno. Dal 2001 a oggi – 2016 . il comma 8 risulta inattuato.
Importante, infine, soffermarci sul caso delle adozioni “in casi particolari”, disciplinato dalla legge 184/83 (art.44), che consente l’adozione anche ai soggetti che non presentano i requisiti richiesti, ossia i non coniugati single compresi.
Le adozioni “in casi particolari” sono permesse quando si configurano le seguenti circostanze:
– persone unite al minore da parentela estesa al sesto grado, o legate al minore, orfano di entrambi i genitori, da un rapporto stabile e duraturo;
– per il coniuge nel caso il minore sia figlio anche adottivo dell’altro coniuge;
– se il minore orfano presenta “minorazioni fisiche, psichiche o sensoriali”
– se il ci sia trova per motivi di gravi esigenze assistenziali del minore nell’impossibilità dell’affidamento preadottivo.
Questa tipologia di adozione però, non consente agli adottanti di diventare genitori a tutti gli effetti, in quanto è revocabile, non elimina i rapporti fra il minore e la propria famiglia d’origine e, soprattutto, non sancisce lo status di figlio legittimo.
L’effetto non legittimante di questa tipologia di adozione, come continuiamo a leggere sul sito Anfaa, ha richiamato anche l’attenzione di una Raccomandazione del Comitato Onu; ci si chiede se l’effetto non legittimante, ottempera all’articolo 3 della “Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza”, ossia se rispetta l’interesse superiore del minore, “che deve avere una considerazione preminente”.
Ma l‘Italia è ai primi posti della classifica
Nonostante il calo registrato nel nostro paese, l’Italia continua ad essere nei primi posti al mondo per numero di adozioni. Se consideriamo i grandi capovolgimenti bellici e geopolitici in atto, che vedono sempre più bambini soli soffrire l’inimmaginabile, ci rendiamo conto non solo di come e quanto l’istituto dell’adozione nazionale e internazionale sia fondamentale, ma anche il ruolo importante che l’Italia possa avere in merito.
Anche per questo auspichiamo che la politica e tutte le istituzioni competenti mettano mano alla situazione in essere, velocizzino le procedure, attuino gli idonei articoli di legge, estendano i requisiti di adottabilità a tutte le persone meritevoli, in nome del diritto fondamentale dell’uomo, il rispetto dell’infanzia.
Fonti consultate:
www.altalex.com
www.aibi.it
www.commissioneadozioni.it