Stretto di Torres. Ai confini del mondo

Quando si pensa a due icone australiane, vengono in mente la Sydney Opera House e Uluru. I due simboli, rispettivamente del colone e colonizzato, i quali tracciano una netta divisione tra le due principali anime di questa terra enorme.

Stretto di TorresTuttavia, all’appello spesso manca il secondo gruppo indigeno minoritario: gli isolani dello Stretto di Torres.

Luis Vaz de Torres, fu il primo bianco, nel 1606, ad avvistare queste terre. Ovviamente prima di lui vi erano, e vi sono, gli indigeni.

Questo gruppo non è per nulla imparentato con i ben più famosi aborigeni. Sono melanesiani, quindi fisicamente simili alle popolazioni della Papua Nuova Guinea, Vanuatu e isole Salomone.

L’arcipelago è composto da 274 piccole isole e solo 14 sono abitate. Sulle isole vivono quasi 7000 persone, mentre sulla terraferma, nella penisola di Cape York, 42.000.

Horn Island è l’unica con un aeroporto con voli da Cairns, nel Queensland. È solo un punto d’appoggio. Vi è un piccolo museo dedicato alla seconda guerra mondiale e poco sui nativi. La comunità ospita circa 900 persone, i quali si fanno i fatti loro, giustamente. Dormo presso l’Wongai Hotel, dal nome del frutto locale, il dattero.

L’albergo funge da alloggio e da unico pub dell’isola. Quindi alla sera è il luogo antropologico per eccellenza. Parafrasando il nostro Jovanotti: locali, gente in cerca di guai, baristi, pensionati, avventurieri. Insomma, il mondo.

Thurday island è più grande, e turistica. Ciò può essere un male o un bene. Il male è presente quando vedi e senti la storia intorno a te, mentre la maggiore parte delle persone bivaccano come se fosse una qualunque isola hawaiana, o visitano solo il memoriale ai caduti, scordandosi ben altro. Il bene, invece, si presenta sotto forma di cibo decente, ricezione telefonica e Internet. Uomo occidentale avvisato, mezzo salvato.

Isola di Hammond

Isola di Hammond

Prendo un traghetto da Horn a Thursday, circa 15 minuti di viaggio. La mia destinazione è un’ altra. Voglio andare dove non ci sono turisti. Aspetto una barca che mi porti sull’isola Hammond. Povero me, cerco gli orari dei prossimi traghetti. Cosa cerco? Rinsavisco, chiedo a qualche passante, la risposta è pressoché la medesima: passa là tra qualche minuto o un’oretta. Aspetta e arriva.

Avendo già viaggiato in luoghi dove la concezione temporale è molto lontana dalla mia (una volta in Cambogia, alla mia domanda quando parte il prossimo bus?, mi hanno risposto alle 6 o alle 8) non mi spavento.

Mi siedo tranquillo al molo, mi godo l’aria dello stretto e le sue acque cristalline. Sono fortunato, una piccola barchetta bianca attracca dopo circa 30 minuti d’attesa.

Salgo a bordo. Siamo in tre: il capitano, la poliziotta e io. Quindi sanno già chi sono. È come un paesino. Eccetto Horn e Thursday, tutte le altre mete non sono aperte al turismo quindi bisogna chiedere un permesso ai responsabili di ogni isola. Così li avevo contattati in precedenza, con non poche pene per ottenere una risposta positiva. Mi riceve la moglie del consigliere Mario Sabatino… sì, Mario.

Mondo vecchio Mondo nuovo

La storia qui è un intreccio profondo con il vecchio e il nuovissimo mondo. Arrivo in un giorno sbagliato per loro: ci sono le votazioni in Australia e da queste parti, votano 4 giorni prima. Faccio due chiacchiere con il rappresentante dei Labour. Mi dice, onestamente, che si sente come se fosse in una piccola vacanza premio. Deve girare in elicottero tutte queste fantastiche isole. Che fatica. Comunque, da queste parti, è stato eletto Warren Entsch, dei liberal, il partito conservatore.

Torno nell’ufficio comunale (non saprei come altro definirlo), mi siedo e comincio a guardarmi attorno. Mi colpisce un volantino, nel quale c’è scritto Elder Abuse (maltrattamento di anziani). Lo sfoglio e mi rendo conto che quello sessuale è solamente uno dei tanti (fisico, finanziario, psicologico, sociale). Così noto una similitudine con gli aborigeni della terraferma: il condividere i propri guadagni con la comunità, con i suoi pro e contro. L’impiegata mi comunica che Mr. Sabatino sta arrivando.

Isola di HornAncora qualche minuto, i quali, accumulatosi, diventano un’ora. Così ne approfitto per girovagare per l’isolotto. Vi è una chiesetta stupenda, di sassi e pietre. Il cattolicesimo è molto diffuso tra gli isolani. Ed ecco Mario. Mi stringe la mano, ha un sorriso fantastico. Mi dice che posso parlare anche con il sindaco dello Stretto, Fred Gela, il quale sta visionando gli spogli e ripartiranno insieme per Thursday per la riunione mensile. Nella isola principale vi è la sede del consiglio.

Cappelli dhari

Cappelli dhari

Vado con loro e il sindaco mi spiega che sono aperti al turismo, ma in modo controllato. Tuttavia, sulle altre isole, mancano le infrastrutture e, andando sempre più a nord le acque sono sempre più blu. Mi illustra anche la bandiera dello Stretto con il simbolo Dhari al centro, tipico copricapo melanesiano.

Sono contenti di avere un italiano da quelle parti, cosi mi presentano a tutti gli altri 16 consiglieri più un responsabile governativo in videoconferenza. Il mio imbarazzo è visibile, ma sorridono.

L’aiutante del sindaco mi aiuta nel programmare il mio viaggio per Saibai, l’isola di confine. È vicinissima alla Papua Nuova Guinea (PNG). Appena quattro chilometri. Le rispettive sponde sono raggiungibili, in 15 minuti, con una bagnarola.

Ogni anno decine di migliaia di papuani si riversano su questa isola per commerciare con i locali, grazie a un trattato bilaterale il quale protegge le attività tradizionali. Non ci sono comandi di polizia o posti di controllo. La popolazione ammonta a poche centinaia di anime.

Negli ultimi 3 anni, ci sono stati solo 10 persone richiedenti asilo. Tuttavia, il problema è un altro: i trafficanti di persone. I disperati arrivano anche a pagare 2000 dollari. Una cifra enorme, considerando la provenienza di queste persone. Gli isolani non sono immuni da questo tipo di scambi. Vi è un vecchio detto australiano: guns north, drugs south. Le armi al nord, la droga al sud.

Non sembra impossibile arrivare dalla Nuova Guinea al territorio australiano. Sono 150 chilometri. Complice il mare calmo, 6 ore e si arriva nella terra dei koala. È la Via della Droga. Sono stati fermati cargo, partiti da PNG, carichi di marijuana.

Ci penso su. Intanto, riesco a ottenere il permesso dopo poche ore. Torno in albergo per telefonare alla 3 compagnie aree del luogo, per annotare prezzi e orari. I prezzi sono esorbitanti. 700 Euro per 45 minuti circa di volo. D’altronde non ci si va tutti i giorni quassù.

Cammino verso la mia camera. Vedo due poliziotti: stanno cercando me. Mi chiedono nome e cognome, un documento. Li accompagno alla mia stanza, dove ho il passaporto. Mi fanno diverse domande: perché vuoi andare a Saibai? Di che religione sei? Hai il Corano o la Bibbia con te? Mi spiegano che quella area, recentemente, è sensibile, perchè alcuni foreign fighters potrebbero passare proprio di lì per andare in Siria. O potrei essere un trafficante di persone.

Continuano le domande: ah sei stato in Russia! E questo visto da dove viene ( è del Laos ma, in quel momento, chi se lo ricordava). La ciliegina sulla torta, vedono nel mio zaino dei fogli scritti in una lingua “strana” ( cioè in cinese). Ho dovuto rassicurargli che non è arabo, non per me.

Se ne vanno, chiedendomi cosa ne penso della Brexit e mi consigliano di visitare Friday island, un’altra isola per turisti, disabitata.

Per seguire Matteo  matteoteachesitalian

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