Uomini e no dei nostri tempi

Europa. Uomini e noDopo 70 anni di pace, noi europei, siamo sgomenti di fronte ai continui episodi di matrice terroristica. Che siano il frutto di un commando o di una spinta individuale, rimaniamo disorientati ed impauriti. Pensavamo di essere invincibili, di diffondere la “civiltà” in ogni dove; evidentemente non abbiamo fatto bene i nostri conti. Il progresso si arresta sulle sue innovazioni tecnologiche.

L’agile scambio di opinioni e slogan alimentano la propaganda del terrore su tutti i fronti;  E se, c’è un elemento di insegnamento che possiamo trarre  è proprio quello della caduta del mito dell’autoreferenzialità occidentale.

La paura soffoca la razionalità e l’intelligenza

Dunque, un’estate triste questa per un’ Europa piegata e straziata. Controlli capillari, rafforzamenti della vigilanza, presidi ovunque. Ma l’offensiva terroristica procede con la sua irrazionalità. Siamo ogni giorno a contatto con la paura e scaviamo dentro noi trincee invisibili ad occhio nudo. Tuttavia abbiamo il dovere di rifuggire da facili generalizzazioni che cercano di dare un volto a questo male che forse cela un antico malessere biologico, antropologico, culturale e politico.

Gli slogan soffiano sul fuoco di populismi e, richiamando l’orgoglio ferito, non fanno altro che alimentare la fucina dell’odio. Così, il vecchio continente resta sospeso sulle macerie di immortali nazionalismi che si nutrono di demagogie dannose e generatrici di in-civiltà. Prende forma così l’occidentale sperduto incapace di attenuare i pre-giudizi.

Il sistema Europa si interroga sulle falle del sistema di sicurezza. Ogni iniziativa di autocritica ha il dovere di interrogarsi su quale strategia globale realizzare per difendere la vera integrazione che non controlla, bensì  legittima le diversità. Questa la preghiera unanime poiché il sangue non ha colore.

Il panico, una nuova consuetudine. Colpisce il dramma di Nizza con le sue 84 vittime, i 90 feriti di cui almeno 54 bambini. Quanti italiani? L’Unità di crisi della Farnesina ancora non fornisce dati sensibili. Quanti tedeschi? Quanti inglesi? 265 vittime in Turchia per il tentativo di colpo di Stato.

E quante altre vittime sul continente africano, asiatico, mediorientale, 292 le vittime per il recente attentato a Bagdad,  quanti caduti nel mare della speranza per sfuggire alle guerre? Eppure le salme straziate, talvolta dimenticate non hanno nazionalità; la morte non conosce confini, banali artefizi dell’umano ingegno. Immagini che mostrano l’orrore della morte sopraggiunta in momenti di svago, di lavoro, di terrena normalità.

Noi figli dell’Europa della pace

Viene in mente un libro di Elio Vittorini Uomini e no. Un testo che descrive la brutalità del secondo conflitto mondiale. La penna dello scrittore descrive con fermo realismo corpi falciati, dilaniati, caduti come birilli e abbandonati sulle strade fra i passi di chi, ancora vivo, continua il suo cammino. Tutto in guerra sembrava plausibile, possibile.

Ma ai miei occhi di “splendida quarantenne” è proprio il conflitto in ogni sua forma a sembrarmi impossibile. Una realtà lontana per noi figli del post boom economico, che abbiamo creduto alla libertà, alla pace, all’Europa.

Sconfitto il terrorismo italico, siamo cresciuti nella convinzione che la storia potesse cambiare il proprio corso mentre oggi rimaniamo inermi sui suoi ricorsi. Poi la strage di Capaci, di via D’Amelio e d’improvviso abbiamo capito che tanti i veleni,  troppi gli interessi  che avrebbero continuato a inquinare la nostra quotidianità.

 

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