Olanda. Urrà! La messa è finita

“Urrà! La chiesa è chiusa” così si legge sul cartello affisso alla porta della chiesa protestante di Bethel, dopo aver celebrato per 96 giorni, ininterrottamente, la messa perpetua cha ha messo al riparo dall’espatrio la famiglia armena Tamrazyan.

La famiglia in fuga dall’Armenia per motivi politici del padre, felicemente stanziale in Olanda da 10 anni, nel settembre 2018 aveva visto respingere la richiesta d’asilo politico.  Così il nucleo, composto da 5 persone – oltre ai genitori, i 3 figli cresciuti in Olanda – rischiava l’ espulsione immediata dai Paesi Bassi. Per il papà, rifugiato politico, avrebbe significato mettere a repentaglio la vita, per i 3 figli, Hayarpi, 21 anni, Warduhi, 19 anni, Seyran, 15 anni, lo sradicamento dal luogo dove sono cresciuti.

È stato allora che il pastore Axel Wicke, in nome di un’antica legge che impedisce alla polizia d’interrompere una funzione religiosa, ha deciso di accogliere la famiglia Tamrazyan nella chiesa di Bethel, vicino ad Amsterdam, comunicando che i fedeli vi avrebbero pregato ininterrottamente, in attesa che la richiesta d’asilo fosse riesaminata dalle autorità competenti.
Il 26 ottobre 2018 è iniziata la funzione non stop, terminata il 29 gennaio 2019, quando il governo olandese ha accettato di riesaminare 700 casi di richiesta d’asilo di famiglie in via d’espulsione, incluso il caso dei Tamrazyan.

La funzione è durata incessantemente per 96 giorni: una maratona resa possibile per la partecipazione di oltre 550 pastori di circa 20 confessioni provenienti da tutta Europa (dati New York Times) e dai partecipanti credenti e non che si sono mossi dall’intera Olanda per aderire all’iniziativa.

Nel frattempo era partita una petizione di 250mila persone che chiedeva al governo olandese di facilitare il rilascio dell’asilo politico per i bambini: le procedure attuali, infatti, hanno portato al rifiuto dal 96 al 99 per cento delle domande per minori.

In questi mesi la chiesa di Bethel ha provveduto anche a fornire supporto psicologico alla famiglia armena e ha supplito all’istruzione, sia a livello scolastico sia universitario ai tre figli, non essendo i ragazzi nella possibilità di lasciare la chiesa.

Il pastore Axel Wicke (nella foto a lato)  ha dichiarato di non aver mai perso la speranza di ottenere il risultato prefissato e di essere rimasto colpito dalla grande adesione dei pastori e volontari, probabilmente avvenuta, come aveva già dichiarato precedentemente, perché “molte persone ne hanno abbastanza della demonizzazione delle persone in fuga dalla guerra e dall’oppressione”.

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