I video degli utenti al museo diventano un’opera d’arte

Le storie di Snapchat entrano in un museo. I video degli utenti pubblicati sull’applicazione multimediale per smartphone e tablet, diventano soggetti d’arte con la mostra Sound Stories, creata dall’artista Christian Marclay, presso il Los Angeles County Museum of Art (LACMA), dal 25 agosto al 24 ottobre 2019.

Fondendo arte e tecnologia, usando i video delle persone comuni, prende forma questa esposizione costituita da 5 installazioni (2 interattive) che raccoglie le immagini e i suoni della vita quotidiana che scorre sull’applicazione di messaggistica di Snapchat.  Un “progetto innovativo”, spiega la nota del museo di Los Angeles, dove Marclay sperimenta milioni di video pubblicati “utilizzando gli algoritmi creati da un team di ingegneri della stessa applicazione multimediale”.

Gli audiovisivi selezionati ci mostrano le immagini più comuni, quelle che gli utenti sono soliti pubblicare: esibiscono, infatti, persone in cucina mentre preparano le patatine fritte o fanno ginnastica o, ancora, mentre suonano il flauto, ma così assemblati rimandano a una visione completa della piattaforma e dell’uso che ne fanno gli utenti.

Nella stanza che ospita l’installazione Star Track le immagini scorrono al rallentatore, mentre una musica avvolgente occupa l’intera sala con lo scopo di aumentare il senso “dell’assurdità per quest’ossessione umana della condivisione” che ha raggiunto “livelli inaspettati”, spiega Christian Marclay.  Nella successiva installazione Tinsel Loop, un algoritmo combina immagini che riportano la stesa nota sia venga mostrato un gatto che miagola al suo proprietario  sia che il video mostri una divertente caduta dalla bicicletta: queste scene così diverse ma che diventano le uniche note di un piano in The Organ, la cui istallazione fornisce al visitatore una tastiera con note musicali che riproducono una stringa di frammenti video istantanei in sintonia con il pasto premuto.

Segue l’ambientazione distopica dove decine di dispositivi lanciano il messaggio Parlami, cantami e che collegati allo schermo del proprio smartphone quando il visitatore ode una parola, s’illuminano con le immagini di altre persone che emettono lo stesso suono su Shapchat.

In All Together, infine,  10 telefoni suonano una melodia attraverso i suoni dei video resi pubblici da Snapchat: una sincronia che Marclay vede tra gli utenti dei social network: commenta infatti l’artista: “Alla fine tutte le persone, in tutto il mondo, li usano in modo molto simile”.

Tra tutti gli elementi delle installazioni, ha ricevere maggiore enfasi è  il suono. Il perché lo spiega lo stesso Marclay – nato a Los Angeles nel 1955 ma di origini svizzere – il quale dopo aver onestamente premesso che “non utilizzo i social network perché ho appena il tempo di gestire la posta elettronica” sostiene che ha fatto del suono il punto focale della mostra “perché spesso passa inosservato”. Le applicazioni degli smartphone come Shapchat, prosegue l’artista, sono progettate per dare risalto all’immagine “le apri e la prima cosa che attivano è la fotocamera che occupa l’intero schermo, facendoci così passare in seconda linea le altre percezioni altrettanto importanti”.

Un’ossessione per l’immagine che permea il nostro quotidiano “ma in modo inconsapevole”, conclude Marclay, che auspica che la mostra Sound Story faccia riflettere sull’uso che si fa delle applicazioni.  “Gli utenti spesso condividono i video in modo spontaneo senza pensare, a volte pentendosi dopo averli pubblicati – conclude l’artista – io mostro ciò che le persone fanno ma in modo critico, che porta il visitatore a riflettere. Ed è bello che la gente pensi”.

 

Fotografie dall’alto verso il basso: Los Angeles 1) L’installazione ‘The organ’ della mostra ‘Sound Stories’, presso LACMA; 2) L’artista Christian Marclay (a sinistra), autore della mostra

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