Futurismo. Velocità e dinamismo universale contro il culto del passato

Centodieci anni esatti sono trascorsi dalla pubblicazione del Manifesto del Futurismo, la più importante avanguardia storica italiana del Novecento.  Venne pubblicato a Parigi il 20 febbraio 1919 sulle pagine del celebre quotidiano Le Figaro a firma del suo autore, lo scrittore Filippo Tommaso Marinetti. In Italia apparve sulla rivista Poesia, diretta dallo stesso scrittore.  L’avanguardia italiana, un inno alla modernità e alle novità tecno-scientifiche dell’epoca, era destinata a espandersi nel mondo e in tutte le espressioni artistiche e culturali.

Nella pittura, come celebra la mostra Futurismo presso Palazzo Blu di Pisa, concentrò i migliori artisti del Novecento italiano. Umberto Boccioni, Carlo Carrà, Luigi Russolo, Giacomo Balla e Gino Severini che rispettarono il più specifico manifesto della pittura futurista, che stabiliva gli elementi distintivi di tale espressione artistica. Anche nella pittura si partiva dal concetto base di “distruggere il culto del passato, l’ossessione dell’antico, il pedantismo e il formalismo accademico”.  L’abolizione della prospettiva tradizionale e, dunque, lo scansare “ogni forma d’imitazione” per “esaltare ogni forma di originalità, anche se temeraria” e “rendere e magnificare la vita odierna, incessantemente e tumultuosamente trasformata dalla scienza vittoriosa.”

La rassegna pisana, costituita da oltre 100 opere, provenienti da musei e da collezioni private, rileva come tali criteri siano stati rispettati. Oltre ai dipinti e alle sculture, sono esposti progetti architettonici, oggetti d’arte, documenti, cartelloni pubblicitari fino ai giocattoli futuristi, in modo da permettere al visitatore di compiere un viaggio lungo 30 anni all’interno del movimento. Partendo dagli esordi dei primi del Novecento, incentrati sul dinamismo “universale” e sulla velocità che porta all’aeropittura degli anni Venti e Trenta, branca del Futurismo, dove il volo sembra essere la sintesi perfetta dei concetti enunciati.

L’aereo, per molti in quegli anni, è il simbolo per eccellenza della libertà e del movimento, ed è quel movimento che gli artisti futuristi portano sulla tela, con il suo protagonista assoluto, l’aviatore: tutto il resto perde d’importanza. L’aeropittura vuole trasmettere le emozioni del volo: i sentimenti e le sensazioni che si provano a librarsi nell’aria a grande velocità, sorvolando le città e la natura sottostanti, per poi lanciarsi nel vuoto con il paracadute.  E, così, ecco l’opera di Tullio Crali, Prima che si apra il paracadute (1939), che termina il percorso espositivo di Palazzo Blu come, appunto, il giungere alla fine di un viaggio che inizia con il ritratto del fondatore del Futurismo, Filippo T. Marinetti realizzato dalla pittrice ceca Rougena Zatkovà, esponente dell’avanguardia.

La mostra Futurismo, organizzata dalla Fondazione Palazzo Blu con MondoMostre e curata da Ada Masoero, si protrarrà fino al 9 febbraio 2020.

 

 

 

Immagini: 1) Parigi, 1912 – da sinistra gli artisti Russolo, Carrà, Marinetti, Boccioni e Severini; 2) tela di Tullio Crali, ‘ Prima che si apra il paracadute’   1939

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