Gli angeli neri di Munch a 75 dalla sua morte

Viviamo in tempi infami/dove il matrimonio delle anime/deve suggellare l’unione dei cuori/in quest’ora di orribili tempeste/non è troppo aver coraggio in due/per vivere sotto tali vincitori. (S.Mallarmé)

Il 23 gennaio 2019 saranno trascorsi 75 anni dalla morte dell’autore dell’Urlo, il pittore Edvard Munch. La data ricorre a pochi giorni dalla Giornata della Memoria 2019, in ricordo delle vittime dell’Olocausto. Un incontro ravvicinato di ricorrenze del tutto causale in questo 2019, ma non causale fu il rapporto tra Munch, la Germania e, poi, il nazismo.

Munch, norvegese, visse in Germania, più o meno stabilmente dal 1892 al 1895. Era giunto a Berlino su invito degli Artisti dell’Unione di Berlino, colpiti dai tratti originali della sua pittura.  Munch, raccontano i critici, aveva ormai raggiunto la sua maturità artistica, dopo aver superato l’estetica naturalista norvegese, attraversando l’avanguardia francese, attratto, soprattutto, da Paul Gauguin e da Henri de Toulouse-Lautrec, per come riuscivano ed esprimere le emozioni attraverso l’uso vivace dei colori.

La rivelazione delle emozioni per Munch è l’essenza stessa dell’arte.  L’esigenza di scrutare fra le pieghe profonde dell’animo gli conferisce una precisa identità artistica; complice l’amicizia con il poeta danese Emanuel Goldstein – che lo introduce alla poesia simbolista decadente – formula una nuova filosofia dell’arte.  Per Munch l’evocazione psicologica trascende dal reale: l’apparente rappresentazione realistica estrinseca lo stato d’animo, immagine esemplare della realtà interiore; il simbolismo del destino dell’uomo che tanto influenzerà l’espressionismo tedesco e, successivamente, l’arte d’avanguardia tutta.

Much dipinge le sue emozioni, profondamente cupe perché come affermò “malattia, pazzia e morte furono gli angeli neri che vegliarono sulla mia culla e mi accompagnarono per tutta la vita”.  Nato a Ekely nel 1863 Munch, perde la mamma quando ha 5 anni, la sorella maggiore Sophie quando ne ha 14: fermerà questo l’epilogo tragico della sorella con uno dei suoi capolavori La fanciulla malata (1885-86), che dipingerà in 5 versioni, fino al 1927  circa.  È ancora giovane quando muore il padre e il fratello, mentre l’altra sorella sviluppa una malattia mentale.

Nel 1888 espone a Parigi. Nel 1889 la Norvegia sceglie il suo quadro Il Mattino (1884) quale eccellenza nazionale da esporre all’Esposizione Universale che si svolge in quell’anno nella capitale francese. Nel 1892 espone a Berlino. Ed è scandalo! Scoppia il Der Fall Munch, Il caso Munch, come lo definisce la stampa dell’epoca.  I critici si scandalizzano di fronte alla nuova estetica del pittore norvegese, che non interpretano come innovativa ma come incompiuta.  Apprezzata invece dagli artisti aperti verso il nuovo e dal pubblico, lo scandalo contribuisce a diffondere la sua fama in tutta la Germania.

Ad affascinare la sensibilità e l’immaginazione tedesca è la serie di dipinti del pittore norvegese che trattano l’amore e la morte.  Una serie che dal  nucleo originario formato da 6 tele esposte nel 1893 a Berlino, cresce fino alle  22 opere riunite sotto il titolo  Fregio della vita,  mostrate alla  Berliner Secession del 1902.

La serie si articola attraverso 4 grandi temi: l’amore e le speranze che suscita nella sua fase iniziale; lo sviluppo e la dissoluzione del sentimento amoroso; l’insorgere dell’angoscia; la malattia e la morte. Sebbene le opere del Fregio prendano ispirazione dalle esperienze personali del pittore, viste in sequenza esprimono una narrativa implicita dal significato e dal valore universale.

Dunque è a Berlino dove Munch dipinge le sue opere più significative, tra le quali il famoso Urlo (1893) –  per alcuni, la seconda immagine più popolare nella storia dell’arte dopo la Gioconda di Leonardo da Vinci – ispirato da un’esperienza allucinatoria in cui Munch sentì, come rivelò “un urlo in tutta la natura”. Uno sconvolgimento interiore, che riesce a riportare su tela mantenendo visivamente intatta la violenza emotiva in cui era esplosa la sua disperazione esistenziale. Del quadro colpiscono, inoltre, le due figure sullo sfondo che sembrano del tutto indifferenti alla deflagrazione dell’angoscia del protagonista che permea il paesaggio circostante. Segno della falsità dei rapporti umani, dicono i critici. Mestamente, aggiungiamo, segno della solitudine dell’uomo di fronte al dolore e alla morte.

Dopo il lungo soggiorno a Berlino e una manciata di anni trascorsi in Francia, Munch nei primi del Novecento torna a vivere definitivamente nella sua Norvegia, dove, dopo un crollo nervoso alimentato dall’alcolismo, sembra aver raggiunto, oltre alla stabilità economica, una sorta di serenità interiore.

Ma la Germania torna prepotentemente nella sua vita.  Nel 1937 il regime tedesco nazionalsocialista include anche la sua opera nell’elenco di arte degenerata che condanna tanti artisti moderni.  Le sue 82 opere esposte nei musei tedeschi sono rimosse. Edvard Munch ne soffre molto. La sua preoccupazione aumenta quando i nazisti invadono la Norvegia e teme il sequestro di tutta la sua produzione artistica.  Muore nel 1944. Non fa in tempo a vedere la fine del nazismo e la diffusione a livello mondiale della sua poetica artistica.

Fotografie dall’alto verso il basso: Autoritratto, 1895; La fanciulla malata, 1863 ; Due esseri umani 1905; L’Urlo, 1893 ; Munch Inger Munch, 1884

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