I 90 anni di Milan Kundera e la cittadinanza (forse) ritrovata

Milan Kundera, nel romanzo Il libro del riso e dell’oblio, tratta il tema dell’oblio organizzato, ossia della dimenticanza manovrata dai regimi totalitari per mantenere il potere. Lo scrittore, nel lontano 1980, sostiene che un paese che perde la memoria della sua storia è destinato a soccombere.

Oggi, a distanza di decadi, questo concetto è quanto mai attuale, nonostante viviamo in società libere e democratiche.

Per la pubblicazione del libro suddetto, avvenuta nel 1979, Kundera perse la cittadinanza del suo Paese natale, all’epoca Cecoslovacchia, nell’orbita del socialismo reale dell’Unione Sovietica. Ma rimase apolide per poco tempo. Nel 1981, infatti, l’allora presidente francese François Mitterrand gli concesse la cittadinanza francese.

In Francia, Kundera ci viveva da già da tempo, insegnando nelle università. Aveva lasciato la Cecoslovacchia, dopo gli avvenimenti della Primavera di Praga.  Lasciò la patria da docente e intellettuale tra i più brillanti e riconosciuti, espulso dal Partito comunista al quale era iscritto fin dagli anni Cinquanta e con il quale ebbe alterne vicende. Fino alla cesura definitiva negli anni Sessanta.  La Cecoslovacchia gli aveva tolto il diritto all’insegnamento e aveva bandito i suoi titoli dalle librerie pubbliche.

Intransigente (ma coerente) la reazione dello scrittore che negò di cedere i diritti di traduzione in lingua ceca dei suoi romanzi postumi, quelli con i quali ha conquistato la celebrità mondiale, anche dopo il crollo del comunismo nel 1989 e fino al 2006.

Il rapporto con la Cecoslovacchia e l’esilio, Kundera lo affrontò di nuovo nel 1984, anno della pubblicazione del suo capolavoro, L’insostenibile leggerezza dell’essere, quando al New York Times  dichiarò: “Mi chiedo se la nostra nozione di ‘casa’ non sia, infine, un’illusione, un mito. Mi chiedo se non siamo vittime di questo mito. Mi chiedo se la nostra idea di ‘avere radici’ non sia altro che una finzione cui cerchiamo di avvinghiarci”.

La Primavera di Praga torna spesso nelle pagine dei romanzi di Kundera, ma è con L’insostenibile leggerezza dell’essere che troviamo, oltre alla politica, i tratti peculiari della sua narrativa: la complessità dell’essere umano, l’amore, la sessualità.

Il titolo è una sintesi perfetta dell’analisi compiuta dall’autore: i 4 personaggi principali Tomáš, Teresa, Sabina, Franz declinano i loro ideali, valori e approccio alla vita scontrandosi con la leggerezza o la pesantezza dell’uno dell’altra e con le inevitabili ed ineluttabili conseguenze.

Anche i fatti di Praga dal 1968 sembrano scanditi dal ripetersi del medesimo dualismo: dalla leggerezza tipica della speranza per la libertà della Primavera e dell’approvazione delle riforme di Alexander Dubček, alla pesantezza dell’invasione dell’URSS, della sostituzione di Dubček, dell’indurimento del regime, delle purghe.  Fatti che incidono sulle vite di Tomáš e Tereza, come su tutti gli intellettuali cechi degli anni Settanta: il primo da chirurgo è costretto a fare il lavavetri e poi il camionista, Tereza da fotoreporter diventa una contadina.  Insieme a Sabina tentano l’esilio e fuggono per un periodo in Svizzera dove vivono l’ebbrezza leggera della terra libera, mitigata dalla pesantezza per la sofferenza dell’espatrio. Al centro delle storie personali e degli accadimenti storici si pone lo stesso autore che con le sue considerazioni filosofiche e digressioni  stabilisce con il lettore un rapporto diretto, non distratto né mediato dalle vicissitudini dei quattro protagonisti.

Con l’approssimarsi del novantesimo compleanno di Milan Kundera (il prossimo 1° aprile), l’attuale primo ministro ceco, Andrej Babis, nell’autunno 2018, dopo un incontro in Francia con lo scrittore e la moglie, scrisse suoi social che “Kundera leggenda della letteratura ceca e mondiale, con la moglie, meritano di avere di nuovo la cittadinanza, dopo averla persa quando sono emigrati”.

Addebitare la perdita di cittadinanza di Kunderà all’emigrazione è una semplificazione dei fatti che ci riporta al tema dell’oblio organizzato di cui dicevamo sopra. E riottenere (forse) la cittadinanza dopo oltre 50 anni di esilio soltanto perché si è avuto la fortuna di vivere a lungo e, per di più, per mano di un governo cha ha l’appoggio del Partito Comunista di Boemia e Moravia (erede del vecchio Partito Comunista),  pensiamo che a Milan Kundera debba sembrare l’ ennesimo caso d’insostenibile leggerezza dell’essere.

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