Joseph Turner, Andrea Camilleri e il comune denominatore

Nel 1819 il ritrattista inglese Thomas Lawrence scrisse “Turner dovrebbe venire a Roma.  Il suo Genius verrebbe fornito di nuovi materiali a lui del tutto congeniali”.
Ed effettivamente, Joseph Mallord William Turner (Londra 1775-1851), il pittore che ha elevato i paesaggi a tema artistico indipendente, nella seconda metà di quell’anno giunse (per la prima ma non unica volta) nella città Eterna.

In quei tempi Roma, nonostante vivesse un periodo di declino, era considerata da artisti e intenditori la capitale artistica europea. Per loro era una tappa obbligata; Turner, poi, aveva un motivo in più per visitarla e soggiornarvi: i suoi studi sulla luce e sui colori: probabilmente i nuovi materiali cui alludeva Lawrence che a Roma, colpiscono, ancora oggi, gli artisti di ogni genere.

Secondo Andrea Camilleri, che prima di scrivere i suoi amati Moltabano fece il regista, “Roma non ha una tavolozza di colori uguale per tutti, ma ne ha tante per quanti sono gli abitanti di sempre e i turisti di un giorno. E non solo: questi colori variano anche secondo l’umore di chi si trova a osservarli”.
Parole che prendiamo a prestito perché sembrano scritte apposta per definire la pittura di Turner: rappresentazione della realtà secondo il momento in cui si coglie, libertà del tocco, raffigurazioni prive di contorni dove i colori si sfumano vicendevolmente. Ecco perché è considerato il precursore dell’impressionismo, pur essendo catalogato come un esponente del movimento romantico.

Nel film del 2014 di Mike Leigh, che racconta gli ultimi 25 anni della vita del pittore inglese, il protagonista Turner (da cui il film prende il titolo) dice “Il colore è contraddittorio, sublime ma contraddittorio, puro e armonioso!” .

Altre fonti fondamentali delle ricerche di Turner sulla luce e suoi i colori sono state gli studi che dedicò alla Teoria dei colori, del poeta tedesco Goethe, ai pittori classici (Tiziano) e ai maestri olandesi (soprattutto Rembrandt) .  Sosteneva Goethe che “non è la luce a scaturire dai colori ma il contrario: i colori primari sono fenomeni generati dall’interazione tra la luce e le tenebre” pertanto “il colore esiste soltanto in funzione della luce”. Turner giunge così alla conclusione che la luce più che determinare la realtà, la modifica e l’abbandona: con l’uso del colore e i contrasti di luce le sue raffigurazioni si fanno oniriche.  Quel che conta è dipingere i paesaggi e i fenomeni naturali seguendo l’impressione che gli stessi suscitano e lo stato d’animo di chi li coglie. E qui torniamo “all’umore di chi osserva” di Andrea Camilleri e alla “contraddizione del colore” che recita il Turner di Mike Leigh.

E il cerchio si chiude con le 90 opere del pittore inglese (tra schizzi, acquarelli, olii, studi e disegni) che giungono a Roma per la mostra Turner. Opere della Tate presso il Chiostro del Bramante, dal 22 marzo al 26 agosto 2018.

Per la prima volta un’esposizione nella città dove Turner affinò il suo Genius.

 

Foto: copertina e dall’alto in basso: Roma vista dal Vaticano (1820) e autoritratto (1799) di Joseph Mallord William Turner; Andrea Camilleri

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