Artemisia Gentileschi. Un’antesignana della forza delle donne

Talento da vendere, capacità uniche nel dipingere le figure femminili, temperamento da prima donna in tutto. Nata per così dire con il pennello in mano, il padre Orazio, pittore a sua volta, le fece questo dono prezioso e Artemisia, fin da giovanissima, seguì la strada del genitore, arrivando a superarlo in quando a bravura.

Il Seicento è il secolo nel quale l’arte del dipingere era uno scenario culturale che sfornava a getto continuo artisti e che in effetti, come abbiamo scoperto solo recentemente, grazie all’apertura mentale d’oggi verso quella forma di bellezza, trova finalmente proseliti in numero sempre maggiore. Così conoscendo la Gentileschi ci viene spontaneo associare la sua personalità al simbolo di un femminismo internazionale perché la sua vita tanto avventurosa quanto professionalmente attiva, ne ha fatto una protagonista nella prima metà del 1600.  Il suo modo di dipingere si collega al naturalismo e guarda indubbiamente verso il suo mentore: Caravaggio, del quale assimilò la capacità iniziale di osservare la figura umana, registrarne i lineamenti e sceglierne il tratto più eloquente per trasportarlo sulla tela.

Si parla tanto di violenza sulle donne, le morti di madri, fidanzate e compagne sono all’ordine del giorno  e, in un certo senso, quasi non fa più notizia, così parlare dello stupro subito da Artemisia nel 1611, a soli 18 anni da parte di Agostino Tassi, amico e collega del padre, altro non è che un ripetersi di quanto oggi leggiamo sui giornali e vediamo in tv. Subito dopo aver subito quella violenza  la giovane eseguì un capolavoro: La Danae.  La sua unione in matrimonio con il pittore Pierantonio di Vincenzo Stiattesi, cresciuto alla corte di Cosimo II de’ Medici, la portò a vivere a Firenze e ivi fu considerata una delle personalità più in vista ottenendo molte committenze e fu iscritta, quale prima donna della Storia, all’Accademia del Disegno. Dopo quanto apprese dal Caravaggio fu Michelangelo Buonarroti,  il giovane, che la prese sotto la sua protezione e così conobbe Galileo Galilei divenendone amica.

Tornò a Roma nel 1620, ricca e con una reputazione prestigiosa, ma il suo lavoro ebbe un rallentamento, non ottenendo commesse importanti. Prese così a trasferirsi dapprima a Venezia e poi a Napoli ove restò fino alla sua morte. Ma a cavallo degli anni 1638- 1640, vivendo a Londra con il padre, lavorò per il duca di Buckingham, per Carlo I Stuart e per la regina Henrietta Maria.

Nell’arco temporale del suo percorso artistico – circa 40 anni – Artemisia Gentileschi produsse cento e più opere, la sua pittura si confrontò in uno scontro serrato con i celebri pittori dell’epoca.

I suoi capolavori, Giuditta che taglia la testa a Oloferne, Ester e Assuero, l’Autoritratto come suonatrice di liuto, l’Allegoria della Pittura, Giaele e Sisara, l’Autoritratto come martire, Cleopatra, sono figure femminili ove viene evidenziata la forza delle donne. Sicuramente in altri quadri c’è una traccia della sua frequentazione con Galileo, fonte di ispirazione con il quale si teneva aggiornata, e che ne hanno fatto un talento dal temperamento straordinario.

Ecco perché con l’avvicinarsi dell’8 marzo ci piace ricordare Artemisia Gentileschi esempio di come ci si può risollevare dopo aver subito un trauma e di come l’arte e la cultura è, spesso, passata attraverso le figure femminili  che sono riuscite ad affermarsi per le loro straordinarie capacità. Protagonista di un movimento che ha impiegato però secoli a venire alla ribalta e a prendere visibilità.

Quando nell’aria si spargerà il profumo della mimosa il nostro olfatto recepirà un odore aspro ma che si mischierà con un altro dolciastro, perché quell’essenza unisce spesso il sentore della paura a quello della speranza. Qualcosa che saprà accompagnare la donna a dare valore alla vita e ad immaginarla più bella di come è oggi.

 

Fotografie dall’alto verso il basso: Artemisia Gentileschi; Autoritratto come Santa Caterina (1615-17), National Gallery; Artemisia, Giaele e Sisara (1620), Museo delle Belle Arti di Budapest

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