Alighiero Boetti. La trama artistica dei pensieri

Antico e moderno, solennità e semplicità,i occidente e oriente, la cui contrapposizione si amalgama rinnovando la magia dell’arte: il suo messaggio universale. Sono gli arazzi che Alighiero Boetti fece realizzare in Afganistan dal 1971 in poi, da ricamatrici locali e secondo la loro tradizione: griglie, dei pensieri, frasi e motti concepiti e disegnati dall’artista

Alighiero Boetti, un autodidatta di talento, esponente del movimento artistico “Arte Povera”

Primo piano di Alighiero Boetti

Primo piano di Alighiero Boetti

Alighiero Boetti

Alighiero Boetti

Alighiero Boetti (1940 -1994) o Alighiero e Boetti, come si firmerà dal 1973, nasce a Torino. Presto si appassiona all’arte, per la quale lascia di studi universitari di economia. Autodidatta, fin dai primi anni ’60 Boetti esprime il suo talento artistico in disegni e pitture astratte.  Presto inizia a sperimentare: passa alla tecnica del disegno industriale  con una serie di riproduzioni a china di oggetti, tra cui microfoni, cineprese e macchine; crea e realizza opere con materiale come gesso, masonite, plexiglas ed elementi luminosi che lo portano al suo debutto artistico, avvenuto nel 1967, presso la Galleria Christian Stein di Torino, dove Boetti presenta un nucleo di opere costruite e assemblate con materiali extra-artistici e industriali eternit, ferro, legno, tessuto mimetico, vernici a smalto.
Nello stesso anno aderisce al movimento artistico della seconda metà degli anni 60 “Arte Povera” che vede nello storico e curatore d’arte, Germano Celant, la sua figura centrale. É Celant, infatti, a coniare la definizione del movimento e a scriverne il manifesto che pubblicato sulla rivista “Flast Art Italia” e che inizia con la seguente frase: ” Prima viene l’uomo poi il sistema, anticamente era così. Oggi è la società a produrre e l’uomo a consumare”.  Il movimento, dunque, si presenta come antisistemico, denuncia la condizione artistica costretta a rinunciare alla propria libertà e, quindi, a venire meno alla sua funzione di “stimolo propulsore e specialista della scoperta” perché – il sistema – costringe l’artista ad avere una sola idea e a vivere “ per e su di essa”. La produzione in serie lo costringe a “produrre un unico oggetto che soddisfi, sino all’assuefazione, il mercato. Non gli è permesso creare e abbandonare l’oggetto al suo cammino, deve seguirlo, giustificarlo, immetterlo nei canali, l’artista si sostituisce così alla catena di montaggio.” Il manifesto richiama alla necessità per l’artista di tornare al “libero progettarsi”, attraverso il suo rapporto del reale, del presente, del contingente, dell’evento, una ricerca complessa ma “povera” perché rifiuta la “ricchezza” delle altissime possibilità “strumentali e informazionali” che il sistema offre.
Dell’arte tradizionale,  il movimento non rifiuta soltanto i supporti, ma anche le tecniche e i materiali, sostituendoli con elementi “poveri” ma vivi, come la  terra, il  legno,  il ferro, gli  stracci, la plastica, e gli scarti industriali. E introduce il ricorso alle forme dell’installazione e dell’azione performativa, come espressioni della relazione che intercorre tra l’artista e l’ambiente che lo circonda.

A Kabul. Nascono gli Arazzi e le Mappe dell’Arte

Arezzo di Boetti, ricamato dalle artigiane afgane

Arezzo di Boetti, ricamato dalle artigiane afgane

Il planisfero

Le Mappe, Il planisfero, ogni nazione ricamata con i colori della sua bandiera

Con il gruppo degli artisti dell’ “Arte Povera”, movimento che vedrà il suo riconoscimento e consacrazione internazionale nel 1969, Alighiero Boetti partecipa a varie mostre, ma è il primo fra gli artisti aderenti a distaccarsene, nel 1972.
Affascinato dalla cultura media orientale e africana fin da giovanissimo, nel marzo del 1971 si reca per la prima volta a Kabul, città con la quale instaurerà un intenso rapporto. E lì, nello stesso anno, concepisce il primo arazzo con il ricamo di due date su due tele “16 dicembre 2040″  e “11 luglio 2023: la prima  ad indicare  il centenario della sua  nascita, la seconda la data presunta della sua morte.
Oltre ai pensieri, oggetto degli arazzi è il planisfero.  Progetto del 1972 denominato Mappa, dove vi appare ogni nazione ricamata con i colori della propria bandiera, si estende poi nel il tempo fino agli anni novanta, diventando le “Mappe dell’Arte”.
Al riguardo ricordiamo due Mappe particolarmente significative, due opere di Boetti che riproducono la trasformazione dei confini sovietici, quando  nell’agosto del 1991,  dalle ceneri dell’Unione Sovietica  grazie alla Perestrojka, risorse la Russia.

Negli anni 90 Boetti e le sue collaboratrici disegnano i nuovi confini della Russia

Negli anni 90 Boetti e le sue collaboratrici disegnano i nuovi confini della Russia

I pensieri, i motti, le date di Alighiero Boetti

I pensieri, i motti, le date di Alighiero Boetti

Nonostante l’invasione sovietica dell’Afganistan del 1979, che costringe Boetti a rinunciare ai suoi puntuali viaggi a Kabul, l’artista riesce, nonostante le difficoltà, a mantenere il  rapporto e la collaborazione con le ricamatrici; collaborazione che riprende a ritmo regolare a Peshawar nei campi profughi afghani, dai secondi anni ottanta.
Le Mappe dell’Arte, oltre ad essere le opere più celebri di Alighiero Boietti, rappresentano anche l’espressione più viva, della sua concezione dell’arte. Ne diceva, infatti: “Il lavoro della Mappa ricamata è per me il massimo della bellezza. Per quel lavoro io non ho fatto niente, non ho scelto niente, nel senso che: il mondo è fatto com’è e non l’ho disegnato io, le bandiere sono quelle che sono e non le ho disegnate io, insomma non ho fatto niente assolutamente; quando emerge l’idea base, il concetto, tutto il resto non è da scegliere”.

Il cortile dell'Accademia delle Arti e del Disegno di Firenze, la più antica del mondo

Il cortile dell’Accademia delle Arti e del Disegno di Firenze, la più antica del mondo

La mostra “Il filo del pensiero”, patrocinata dal Comune di Firenze e dalla Regione Toscana, ha avuto luogo nel 2016, Sala dell’Esposizioni dell’Accademia delle Arti e del Disegno.  Dedicata ad Andrea “Bobo” Marescalchi, ultimo allievo di Alighiero Boetti,  da poco scomparso, la mostra degli arazzi è accompagnata  dalle fotografie delle artigiane afgane che li realizzarono, scattate da Randi Malkin Steinberger.   Oltre alla stessa Accademia, ha collaborato alla sua organizzazione l’Archivio Alighieri Boeri, della cui direttrice Agata Boetti, figlia dell’artista, condividiamo il seguente giudizio: ”Se si accetta di allontanarsi dall’idea, ormai tristemente stabilita, che la semplicità sia sinonimo di stupidità e la complessità d’intelligenza, i ricami di Boetti sono semplici, da osservare, da capire, da apprezzare e da amare: evidenti, universali, assoluti, filosofici, poetici e bellissimi”.

Parole quelle di Agata Boetti, che ci riportano alla mente un verso della poetessa Alda Merini, che recita :”La semplicità è la raffinatezza della profondità”.

 

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