Arte e scienze. Un binomio per la vita

Nuovo incontro con i ricercatori di Phd Career Stories,  un nuovo viaggio nel podcast dei ricercatori che ci donano una visione a 360 gradi della cultura, dello studio e del mondo imprenditoriale.

Luca Forcucci è un artista e uno scienziato allo stesso tempo; un dottorato in Musica, Tecnologia ed Innovazione alla De Montfort University, Regno Unito. La sua ricerca è dedita a come il cervello umano percepisca i suoni e lo spazio, e come i nostri ricordi influiscano sulle immagini che creiamo nell’ascoltare i suoni.

Attualmente risiede a Berlino, ma preferisce definirsi ‘nomade”, dato che presenta le sue opere d’arte e conduce le sue ricerche in tutto il mondo. Nella sua intervista con Jo Havemann, Luca riflette sulle differenze fondamentali tra arte e scienza, su che cosa significhi essere l’unico artista in un laboratorio e di come le due discipline si arricchiscano reciprocamente. Un artista scienziato

Ciao mi chiamo Luca Forcucci e sono molto felice di essere qui, nei pressi del fiume Spree, con un bel sole di fronte a noi. Ho un dottorato in Musica, Tecnologia e Innovazione noto anche come Sonic Arts. A proposito, c’è una virgola tra musica e tecnologia.

Sono stato coinvolto in questa ricerca dopo un Master in Sonic Arts, studiando principalmente a Belfast, nel Regno Unito e a Leicester. Ho ottenuto il dottorato presso la De Montfort University. Prima di allora avevo studiato architettura, quindi ho un diploma in architettura e ho esercitato come architetto per 20 anni, ma da sempre mi occupo di musica. Ho ottenuto un contratto discografico molto presto e per molti anni ho fatto concerti in Svizzera. Mi sono occupato di produzione e di ricerca di artisti, così come di ciò che viene definito musica elettroacustica. Significa neo-musica o nuova musica.

Quando iniziai il mio dottorato di ricerca subito dopo i miei studi di Master, ricevetti una sovvenzione dal governo svizzero. Una borsa di studio che apparteneva al programma denominato Artisti Svizzeri in laboratorio, che mira a inserire gli artisti in laboratori scientifici in Svizzera per 9 mesi. L’idea era quella di vedere quale tipo di risultato potesse verificarsi da questo tipo di ricerca e dalle relative interazioni.

Così ho avuto la possibilità di frequentare il laboratorio di Neuroscienze Cognitive in Svizzera, che fa parte del Brain Mind Institute. Lavoravo con il professor Olaf Blanke. La sua ricerca principale allora, riguardava le esperienze extracorporee. Insieme ci siamo occupati di come gestire le protesi e questioni affini. La maggior parte della ricerca è stata condotta per ottenere  immagini virtuali, il che significa che l’integrazione di questo nel cervello è multimodale, quindi l’idea era quella di verificare qual fosse il ruolo del suono; così abbiamo portato avanti la ricerca su questo versante. Subito dopo quel programma, ho iniziato il mio dottorato di ricerca, rivolto alle arti, alle Sonic Arts.

Con quest’idea, di come noi percepiamo i suoni, di quale è il ruolo dell’incarnazione nel suono; personalmente, mi interessava l’immaginario mentale: quale tipo di immaginario mentale c’è nella mente di una persona quando ascolta un particolare suono o una particolare composizione o una particolare installazione sonora.

Ovviamente, ognuno di noi ha il proprio retroterra storico e la propria memoria,  ma è stato interessante constatare se uno spazio particolare o uno spazio architettonico possono essere rappresentati dal cervello, e se siamo in grado di trovare dei modelli corrispettivi.

Che tipo di suoni usi per i tuoi studi?

Ho usato soprattutto suoni della mia spedizione, ad esempio nella foresta pluviale amazzonica brasiliana. Sono rimasto lì per due settimane con popoli indigeni, poi con i  suoni provenienti da città come Shanghai, ma anche suoni provenienti dal corpo e della loro interazione.

E poi osservare come la gente reagisce a questi suoni?

Esattamente, e per questo ho dovuto formare le persone perché c’è una grande differenza tra sentire un suono e ascoltare un suono. È stato sottolineato dal filosofo Roland Barthes che l’udito è un atto fisiologico, mentre l’ascolto è un atto psicologico. Ho dovuto allenare le persone ad ascoltare e ad ascoltare con cura, così da vedere le immagini e chiedere loro quale tipo di spazi architettonici stavano vedendo e poi cercare di scoprire se c’erano dei modelli.

All’inizio avevi delle ipotesi che si sarebbero potute rilevare giuste o sbagliate in relazione al risultato dello studio?

Beh, io non sono un neuroscienziato, ma lavoro con loro. Quello che ho percepito è lo spazio che ho trovato tra i partecipanti, 30 persone per ogni pezzo,vale a dire 180 persone in totale. Il modello che ho rintracciato era rappresentato da uno spazio molto piccolo. La mia ipotesi era che lo spazio percepito fosse il proprio corpo.

Quindi, quello che hai descritto è il lavoro che hai svolto durante il dottorato. Che cosa è successo dopo il dottorato? Quale è stato il lavoro successivo?

La ricerca si è basata principalmente sulla pratica. Ho svolto il mio dottorato a tempo parziale, in sei anni, così da mantenere la mia carriera artistica. Pertanto, molte sono state le tendenze artistiche e le commissioni che ho avuto, alcune delle quali sono diventate parte della ricerca.

Principalmente svolgevo la mia attività lavorativa. Avevo il mio studio di architettura, ero imprenditore, ricercatore, artista; ero autosufficiente, autodidatta, ricercatore autonomo, pubblicavo su riviste di alto impatto, così come partecipavo e mostre e così via

Quindi la fine del dottorato di ricerca, non ha fatto alcuna differenza per me. Continuavo a fare quello che ho sempre fatto.

Continuo a collaborare con il ricercatore di quel periodo presso il Brain Mind Institute, il che significa che faccio riferimento alle loro ricerche. In francese c’è una parola chiamata “scientisme”. Non so come tradurla in tedesco o inglese. Indica una specie di scienza ma la pseudoscienza che proclama non è quella che voglio fare io. Chiedo le loro esperienza, svolgo le mie ricerche, lavorando su casi ben precisi che poi sviluppo nel mio lavoro artistico.

L’idea non è volgarizzare la scienza con l’arte, ma porsi nuove domande perché penso che questa frizione tra arte e scienza possa essere molto utile. Quindi il termine del dottorato di ricerca, non ha significato per me, nessuna differenza,

Anche questo è accettato, l’Europa per esempio con il programma Horizon 2020 esprime il desiderio di andare verso quella direzione, naturalmente, che vogliono sviluppare, hanno altre idee, come i mercati e gli scienziati. Gli artisti sono lì per apportare creatività. La creatività è ancora ingenua e deve essere definita.

La frizione tra scienziati e artisti può essere utile per cambiare l’angolo, non di ricerca, ma per apportare nuove idee, in 2 modi, in realtà. Nel modo in cui la ricerca scientifica influenza il mio lavoro e viceversa. Fondamentalmente, continuo con la mia carriera di artista e potrei unirmi a un laboratorio di ricerca ad un certo punto più come un accademico tradizionale, come postdoc o in un programma di ricerca. A volte è necessario essere in un programma di uno o due anni per immergersi veramente in una determinata ricerca.

In realtà non ti fermi davvero, quando mi sono laureato ho fatto la mia tesi, sono andato a San Francisco, invitato dalla rivista Leonardo e dalla Fondazione Djerassi e ho passato un mese con 14 artisti e scienziati. Non abbiamo svolto attività di ricerca, vivevamo semplicemente insieme, ognuno portando avanti le proprie idee, esplorandole. Le idee potevano nascere davanti alla macchinetta del caffè o durante un pranzo.

Tornando indietro nel tempo, agli anni del tuo dottorato, c’erano persone che ti hanno ispirato a perseguire la tua passione o argomenti che ti hanno appassionato o esperienze che hai avuto, in cui hai pensato che stavi vivendo un’autentica sfida, dove ti sei trovato a lottare per uscire da una determinata situazione e lottare ancora?

Ho incontrato molte persone, anche perché non ero fisso presso l’università dove studiavo; ero lì, forse cinque settimane all’anno, massimo. Grazie alla tecnologia, potevo comunicare con Skype, non era necessario che ci fossi fisicamente, per comunicare con il mio supervisore. Nel frattempo conducevo le mie ricerche in città come Shanghai, Parigi o Berlino.

Ho incontrato così molte persone di diverse culture in università tedesche, svizzere, francesi, cinesi, e brasiliane. Ho potuto godere di una prospettiva ampia e perspicace  nel mio campo di ricerca, nelle arti e negli incontri battaglieri tra i miei coetanei, con il supervisore; tutti i problemi che in un dottorato, immaginiate si possano trovare, io li ho sperimentati per la maggior parte.

Sono stato in grado di trovare il mio percorso e discutere di molte cose. Poi, naturalmente, tante sono stato fortunato nell’avere incontrato tante persone che mi hanno ispirato grazie alla possibilità di frequentare un’università importante come l’EPFL in Svizzera, la Berlin School of Mind and Brain a Berlino, il laboratorio più importante al mondo per le Scienze Cognitive, in particolare il laboratorio di Olaf Blanke. La cosa interessante è che Blanke proviene da una famiglia di artisti ed è l’unico che si occupa di Neuroscienze.

Lui, addirittura mi ha insegnato l’arte, per esempio, discutevamo dell’artista Bruce Norman e di come lui stesso lo utilizzava per il modo alternativo con cui Norman guarda al corpo, e di come utilizzasse le opere di  Norman per la progettazione dei propri esperimenti.

È stato fantastico perché ero in un ambiente scientifico, dovevo essere accettato e dovevo impararne il vocabolario, ovviamente perché è molto preciso, ma d’altra parte ero qualcuno in completa sintonia con il proprio studio.

Il direttore del Brain Mind Institute, Pierre Magistretti, interessato all’opera, portava avanti un progetto per il quale chiese ad un cantante lirico che si avvicinava alla performance con un determinato approccio mentale per interpretare un pezzo drammatico, di cantarlo con un immagine positiva.

È stato fantastico; sono stato molto fortunato a vivere un anno in questo ambiente, è stato come salire sull’astronave di Star Trek ogni giorno

D’altra parte sono stato davvero ispirato dalle donne; la musica elettroacustica emerge da una tradizione occidentale, appartenente alla classe media bianca, e mi sono sempre lamentato del fatto che nei laboratori non ci fossero né donne né diversità culturale.

Ho avuto la fortuna di incontrare tante donne compositrici, abituate a lottare, come Pauline Oliveros, un’autentica icona, alla pari di John Cage, figura eminente nel suo campo. Ho avuto la possibilità di incontrarla, è una persona davvero generosa. Penso che ci sia meno competizione tra le donne rispetto agli uomini. È una persona davvero straordinaria e mi ha davvero aperto la mente su molti aspetti della ricerca e della vita.

Anche Ashilow Madre, mia professoressa, durante il Master a Belfast è fantastica. Bonnild Ferrari, vedova del grande compositore Luke FerrariEvelyne Gayou che fa parte del GRM, il GRM è il “groupe de recherche musical” della Radio France a Parigi. Davvero tante persone.

Che cosa hai imparato da loro, in particolare dalle donne?

Generosità, creatività, meno competizione e più idee.

Dato che hai così tanta esperienza e hai avuto la possibilità di conoscere le diverse culture e di entrare letteralmente nei loro mondi accademici, diffusi in tutto il mondo, c’è un consiglio universale che potresti dare agli attuali studenti di dottorato? Che cosa hai visto, di cosa bisogna essere consapevole? Ad esempio, una cosa è già stata citata: scegliere saggiamente il proprio supervisore o sfidarlo. Questo è ciò che le altre persone spesso consigliano nel nostro podcast ma, a parte questo, quale consiglio daresti ai dottorandi di tutto il mondo?

Prima di tutto, devi davvero scegliere il tuo supervisore per la sua ricerca e non solo per la sua reputazione. La reputazione è importante, ovviamente, ma non devi necessariamente avere una stella, una stella accademica. Deve essere qualcuno che ha esperienza ma qualcuno che rispetti, che è vicino alla tue preoccupazioni per il tuo lavoro di ricerca. Non penso che questo star system che si risolve- nel mettere dei nomi accanto al tuo – sia una buona idea perché lui / lei di solito è estremamente impegnato/a, quindi non ne lo vedrai granché. Devi dare il tuo contributo. Personalmente, ho più esperienza con il design e l’arte perché fanno parte del mio lavoro.

Si tratta di un argomento molto antico  quello del binomio “Arte e Scienza”, non c’è nulla di differente, se si pensa a come Marcel Duchamps sia stato ispirato da Heny Poincaré. Possiamo risalire al 12 ° secolo in Persia, dove i ricercatori erano anche filosofi, poeti, astronomi. Non c’è nulla di nuovo.

Direi solo essere originale … Beh, non è davvero originale dirlo. Trova la tua strada, apri la mente, esci dal laboratorio, incontra persone e discuti in vari modi, sfida tutto. Il dottorato è stata una delle cose migliori che ho fatto nella mia vita. Non di per sé, ma per l’avventura che ho vissuto durante quel periodo. Sei già impegnato a fare quello che fai, poi lo sei ancora di più, ma desideri avere il tempo di sperimentare perché ci sono altre cose in arrivo.

Prendi quel tempo per sperimentare e sfidare il più possibile perché quando sei fuori è totalmente diverso, sei una specie di bozzolo; sei un po’ protetto durante il dottorato.

Questo è anche quello che ti manca del periodo di dottorato; poter provare cose diverse, fallire e avere successo e fallire ancora. Non c’è niente di male nel fallire. Poi non si avrà più tutta quella libertà. Fa parte dell’esperienza quella di fallire, naturalmente, più fallisci e meglio è, acquisisci esperienza.

Ma dopo tutte le preoccupazioni che vivi, per riuscire a raggiungere il passo successivo, può significare anche altre cose, forse, il desiderio di creare un proprio laboratorio. Quando sei in un dottorato di ricerca sei ancora libero di provare, hai il tempo per farlo. Dopo, il tempo lo devi creare, si tratta di un periodo molto privilegiato quello del dottorando.

Che cosa è che ti guida ora? Il lavoro continua ad essere una fonte come ai tempi in cui eri uno studente e come continuano le cose, da allora, quali sono i tuoi piani per i prossimi 3 o 5 anni. 

Ad un certo punto, avere il mio laboratorio. Mi piacerebbe continuare a viaggiare, è parte del mio progetto perché lavoro con quelle che chiamo tecnologie ancestrali. Lavoro con persone dell’Africa meridionale. E lavoro in Brasile da 10 anni.

La domanda che mi pongo è quale fosse la tecnologia, la conoscenza prima che i gesuiti andassero lì e distruggessero tutta quella conoscenza. Quella conoscenza è molto importante per me. Abbiamo un sacco di tecnologia oggi, ma la tecnologia di allora è probabilmente molto preziosa.

Al momento sto conducendo questa ricerca chiamandola tecnologia ancestrale e sulla percezione dei suoni. Questo include molte cose di cui non discuterò molto qui, ma che mi spinge a continuare a viaggiare, esplorando tutte le opportunità. A lungo termine, mi piacerebbe avere il mio laboratorio forse, ma il mio laboratorio, che è anche il mio studio, forse a volte averlo, a volte. no.

Sono davvero un nomade che vado in giro, il mio laboratorio, è il mio bagaglio e, a volte vorrei rendere stabili le mie cose ed essere più ambizioso. Comunque sono contento di quello che sto facendo, vorrei soprattutto poter continuare a farlo.

In fine c’è anche la parte del finanziamento, come si progetta questa parte economica, fino a dove si può andare, che cosa si accetterebbe per ottenere finanziamenti, a volte si ottengono finanziamenti ma eticamente sono da accettare? Va bene così o semplicemente non te ne preoccupi, li prendi e vai?

Questo è il punto principale, puoi essere la persona più brillante sulla Terra, ma a un certo punto hai bisogno di finanziamenti. Bisogna essere in grado di lavorare con le persone, costruire una squadra, avendo un dispositivo. Come rendi sostenibile tutto ciò?

 A volte potresti avere finanziamenti per un anno e poi un anno dopo, per migliaia di motivi, i finanziamenti non sono più disponibili. Il finanziamento privato è buono? Lavori solo con finanziamenti statali, qual è la differenza? Fino a dove puoi andare? Sono molte, le domande. Che tu sia un imprenditore o sia fisso in un laboratorio dove devi seguire la regola “pubblica o muori”, ma è ancora valido oggi?

Oggi  ci sono molti dottori di ricerca e non ci sono molte posizioni, così devi pensare fuori dagli schemi. In altre parole, bisogna essere preparati a non fare poi una carriera accademica con il proprio dottorato. Le tue capacità potrebbero essere utili in altri settor, nell’industria  o nell’arte per esempio, come nel mio caso.

Pensa che le tue abilità potrebbero essere trasposte in un altro campo e non necessariamente nel mondo accademico. Bene, fai la tua laurea, il tuo master, il tuo dottorato di ricerca e che forse 3, 4, 5, 10 postdoc e poi diventi professore, professore associato, assistente universitario che è una pessima condizione. Le posizioni per professore sono pochissimeNon sei pagato bene, io non l’ho fatto, ma ho colleghi che sono assistenti universitari.

Sono convinto che queste competenze siano molto utili e molto preziose all’esterno del mondo accademico. C’è un’immagine di un dottore fuori dal mondo accademico. La gente potrebbe aver paura di quell’immagine; dobbiamo spezzare quest’immagine e dire “guarda bene, ci sono molte altre opportunità”.

Conosco molte persone che lavorano nel settore industriale ed imprenditoriale e hanno molto successo, sono felici. Un mio amico lavora come fisico e ha fatto il dottorato di ricerca sul laser – molto specifico – ha lavorato sui microscopi e ora lavora per una grande azienda americana per dispositivi medici, ma è un ingegnere, forse per un ingegnere è più facile. Voglio dire, puoi diventare un professore, ma di nuovo non ci sono molte posizioni disponibili, ma puoi trasferire e trasferire le tue competenze in altri contesti, su questo non si discute!

Ho l’impressione che i professori che conosco siano d’accordo che si diventi un professore o un assistente… non ti preparano ad essere qualcos’altro, ad essere più flessibili.

Che cosa ti spinge a continuare a cercare associazioni con la ricerca dal tuo punto di vista, per così dire

Beh, è ​​un bisogno, sono molto interessato al cervello, al suo funzionamento; è un interesse davvero profondo come la musica. Quindi prima fai arte perché è un bisogno, potresti fare scienza perché è necessario; a un certo livello è come la Formula Uno.

Come una  passione che ti avvolge, agisce come forza trainante

È davvero una necessità, ti trascina; deve essere una preoccupazione davvero profonda. Non penso che questo tipo di lavoro sia un lavoro dalle 9 alle 5. Vai a dormire è lì, ti svegli è lì. Questa è la cosa principale.

Cosa pensi è importante per fondere scienza e arte, per permettere loro di integrarsi, per giocherellare, domande scientifiche con interventi artistici.

Per me è successo durante la mia ricerca dove sono stato gettato in un laboratorio di neuroscienza. Ho studiato un po’ questo; è stato il mio percorso e il mio interesse. È interessante perché dà un nuovo percorso e non solo creatività.

Oggi tutto è creatività, siamo davvero al punto in cui dovremmo rimuovere questo termine dal nostro CV perché non significa più niente è un po’ abusato. Tutto è super specializzato se fai un dottorato sei super specializzato. Ma qui si apre un po’ di più il campo e non c’è nulla di nuovo, come dicevo prima, in Persia già nel 12 ° secolo la gente studiava poesia e astronomia e così via. Ad esempio, in Cina per essere un intellettuale non è necessario essere un intellettuale.

C’è una tradizione per essere un artista, ma essere in quell’intelligenza, non mi piace questa parola intelligenza che mette le cose sopra, io  sono più orizzontale, ma comunque. A quel punto devi studiare matematica, calligrafia, poesia e musica.

È ancora più vecchio del nostro pensiero occidentale, ovviamente tu hai Leonardo Da Vinci di cui non voglio parlare troppo, durante il Rinascimento che fu supportato dai Medici; c’è Marcel Duchamps vicino a Henri Poincaré. Non c’è niente di nuovo, ma ora è come una moda; è questa idea di creatività e mercati che per me è una strana idea.

C’è anche qualcosa che definisce gli esseri umani. Non siamo solo fisica e biologia, e dall’altra parte umanità. Arte e orgoglio, che sono parti della nostra vita, ma parti dell’essere umano, cultura, arte.

Se ci vogliamo spingere oltre, alcune persone potrebbero obiettare che questo è ciò che ci distingue dagli animali. Alcuni biologi potrebbero obiettare perché gli animali sono in grado di produrre cultura, ma questa è una storia diversa.

È parte di noi, non puoi davvero separarlo, non è così? Non puoi separare l’arte dalla scienza. Lo sai per certe domande sì, ma è importante avere anche la commistione

Alla fine della giornata la scienza e l’arte contribuiscono alla stessa cosa che è la vita. O certi aspetti della vita, ma facciamo in modo che entrambi studiamo lo stesso aspetto che è la vita, abbiamo una metodologia diversa. Noi, artisti, penetriamo più nel significato e nella metafora. Ciò non significa che sia meno importante. Alla fine, è lo stesso, proviamo a definire le cose. È una questione di metodologia. Quando studi la scienza, è obiettivo, terza persona, prospettiva.

Presumibilmente

Che dire della soggettività. Prospettiva in prima persona se tu studi il comportamento, ad esempio. Che mi dici di cosa provo dentro di me, quando studio? Direi molto molto rozzamente che questo fenomeno dovrebbe essere amplificato e osservato con più attenzione, ma direi che se le scienze sono lo studio attraverso una lente obiettiva, l’arte lo è attraverso una lente soggettiva. Ma ciò non significa che la soggettività sia meno importante per la scienza.

Per qualche ragione, per motivi storici, non lo facciamo. Noi non studiamo la soggettività. Mentre potrebbe essere interessante, naturalmente, è più complicato, che tipo di metodologia usi, non puoi essere dentro una persona.

C’è fenomenologia, ci sono molte molte tecniche. Ad esempio, abbiamo più conoscenze con le neuroscienze. Alla fine è come si fa una fusione, come si combinano scienza e arte, perché se indago su un caso particolare ho bisogno di una metodologia quantitativa, ma per  come lo combino ho bisogno della metodologia qualitativa. Come posso andare verso la soggettività, come faccio a indagare sulla soggettività. Entrambe le parti, arte e scienza, potrebbero apportare nuove idee, nuove visioni, nuove scoperte.

Bene, ti ringrazio tanto

Un piacere, conversare con te

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