Alzheimer. Progetto Interceptor, prevenire per curare

 

Impedire lo tsunami neurologico. Questo è stato uno dei lemmi degli Accademici medici scientifici che hanno partecipato al vertice G7 della salute nel maggio 2017.
L’allungamento della vita comporta, come sappiamo, il progressivo invecchiamento delle popolazioni con un aumento delle patologie neurodegenerative. Di queste ultime la più frequente è l’Alzheimer, soprattutto fra gli ottuagenari per i quali l’incidenza raggiunge il 15-20% dei soggetti.

Molti sono gli studi e le sperimentazioni cliniche sulla malattia e sulle medicine, ma siamo ancora lontani dalla possibilità di una cura farmacologica che riesca a fermare la malattia.  I medicinali ora in uso riescono solo a contenere i sintomi o a limitarne l’aggravarsi per un breve periodo. Mentre i farmaci del prossimo futuro, ossia gli oltre 50 che si trovano nella fase finale della sperimentazione  (2018-2025) saranno in grado di rallentare o arrestare l’Alzheimer solo nelle forme prodromiche (pre-sintomatiche) che gli studiosi collegano alla fase “di lieve compromissione delle funzioni cognitive (MCI da Mild Cognitive Impairment) ”.

Per questo la salvaguardia scientifica punta sulla diagnosi precoce e sull’intervento farmacologico ai primi sintomi della malattia. Questo perché l’Alzheimer è una malattia asintomatica, silente per 20-25 anni, e nel momento in cui si manifesta e viene diagnosticata il corredo neuronale del paziente è completamente distrutto, per cui, incurabile.  Per curare è fondamentale prevenire. Intervenire, quindi, all’insorgenza della patologia e frenarne, quanto prima, il processo degenerativo neuronale.

Il progetto

Da questi presupposti nasce il Progetto Interceptor, promosso dal ministero della Salute e dall’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) che si propone d’individuare i biomarcatori che permettano di prevedere l’Alzheimer sui pazienti a livello MCI.

Il progetto comprenderà uno studio di osservazione (Interceptor) che coinvolgerà 400 pazienti MCI, dai 50 agli 85 anni, distribuiti in 5 centri italiani specializzati nella diagnosi e cura dell’Alzheimer.

I pazienti selezionati saranno valutati attraverso i seguenti 7 biomarcatori: test neuropsicologici, dosaggio di alcune proteine su campioni di liquor cefalorachidiano, tomografia a emissione di positroni (PET), analisi genetica, valutazione del tracciato elettroencefalografico (EEG) per connettività e la risonanza magnetica volumetrica.

Dopo 3 anni di monitoraggio dei pazienti, sarà possibile definire il biomarcatore o la combinazione dei biomarcatori, in grado di individuare con maggior precisione lo sviluppo della malattia a 3 anni dalla diagnosi.
I campioni biologici (Dna, siero, plasma e liquor) saranno conversati nel biorepositery (- 80 °C) in modo da poter essere sottoposi ad altri test se nel futuro prossimo dovessero essere individuati nuovi biomarcatori.

Le finalità

L’obiettivo finale del modello di screening nazionale dello studio Interceptor ha un duplice scopo: distribuire in modo ottimale i prossimi farmaci, evitando di somministrarli ai pazienti che non ne sarebbero medicalmente beneficiati (con conseguenti controindicazioni) e garantire la sostenibilità del sistema.

Il progetto comprende, infine, la stima della sua fattibilità rispetto alla sostenibilità dei costi: la spesa complessiva per i 400 pazienti si stima sarà di 3.950.000 euro.

In Italia il numero dei pazienti affetti da demenze senili sono circa 1 milione, fra questi il numero dei malati di Alzheimer è stimato oltre i 600mila casi e sono circa 3 milioni le persone direttamente o indirettamente coinvolte nell’assistenza del malato, con un costo socio-sanitario ad  elevato impatto: circa 6 miliardi di euro.

La presentazione del progetto Inspector è stata pubblicato sul sito del ministero della Salute il 6 dicembre 2017.

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