Contro le querele bavaglio e le minacce ai cronisti

La Federazione Nazionale Stampa Italiana (FNSI) e l’Associazione Articolo 21 chiedono l’immediata approvazione di una legge contro le querele bavaglio e le minacce ai cronisti e, al Ministero degli Interni di far ripartire i lavori del Centro di coordinamento per la sicurezza dei giornalisti, convocando una riunione a Caserta, territorio ad alto rischio.

Al riguardo il 19 novembre 2019, nella sede della FNSI si è svolta un incontro al quale hanno partecipato, fra gli altri, il presidente della Commissione Antimafia Morra e il vice ministro dell’Interno, Matteo Mauri.

Nel corso dell’iniziativa la risposta del Governo è stata incoraggiante. Il vice ministro dell’Interno, Matteo Mauri ha affermato che esiste “un tema politico di fondo, che è quello d’investire sull’informazione per investire sulla democrazia […]. Sono qui per garantire e confermare che nei prossimi giorni sarà riattivato il centro di osservazione contro le intimidazioni ai giornalisti e per dare il  forte segnale che le istituzioni ci sono”.

Il Coordinamento, creato nel 2017, si è riunito l’ultima volta nel febbraio 2018, ha riconosciuto il vice ministro;  ecco perché non solo considera la prossima riunione “un atto dovuto” ma soprattutto “un segnale che vogliamo dare a tutta la categoria”. Sarà “il primo passo concreto” poi “si farà tutto il necessario attraverso l’iniziativa governativa o parlamentare”  ha assicurato Mauri.

Nel corso della promessa Commissione Antimafia in plenaria saranno ascoltati i 24 cronisti che sono sotto scorta, ha asserito il suo presidente Nicola Morra, aggiungendo che “sarà la stessa Commissione ad andare sui territori italiani dove i giornalisti rischiano la vita per svolgere il loro lavoro, come accade in Campania, Lazio, Sicilia e Calabria e ovunque “la libertà di stampa è minacciata”.  Il primo provvedimento che sarà affrontato sarà “la risoluzione del conflitto d’interessi: la promiscuità che poi diventa complicità e collusione che impedisce che l’osservatore della realtà sia parte terza. Procedere in questo modo tutela la stampa e l’editoria. Ma come si chiede alla politica di fare pulizia al proprio interno – ha concluso Morra – anche il mondo del giornalismo deve essere capace di farlo”.

Nel corso dell’incontro Elisa Marincola, portavoce di Articolo 21 ha posto l’accento sui giornalisti che “non hanno alle spalle un editore che si fa carico delle tutele legali. Sono “i soggetti più deboli e anche quelli più ricattabili”.  Una situazione che va di pari passo con la precarietà “che sta diventando regola in questa professione” ha sottolineato Raffaele Lorusso, segretario generale della FNSI e che si traduce in “un’altra forma di intimidazione e di ricatto ai cronisti: la più diffusa e subdola”.

Le testimonianze dei giornalisti in prima linea

All’incontro erano presenti giornalisti che vivono sulla propria pelle i rovesci drammatici della loro costante indagine per giungere alla verità dei fatti.

Tra le testimonianze quella di Federica Angeli, la giornalista di La Repubblica, nota per aver indagato e denunciato la presenza e ramificazione della criminalità organizzata a Ostia (Roma). La cronista ha ricevuto 126 querele-bavaglio, alcune con richieste milionarie per risarcimento danni, alcune rinviate a processo. Finora sempre assolta da tutti i procedimenti a suo carico, Federica Angeli deve affrontarne ancora 10.

Sandro Ruotolo, giornalista famoso per il suo lungo lavoro in Rai accanto a Michele Santoro, nel 2009 in un’inchiesta sui rapporti tra mafia e Stato riceve una lettera minatoria. Dal 2015 vive sotto scorta (rafforzata nel 2019) per le minacce giuntagli dalla camorra. Sandro è cugino di Silvia Ruotolo, vittima innocente di mafia, assassinata a Napoli nel giugno del 1997, mentre tornava a casa dopo aver preso il figlio Francesco a scuola. La figlia maggiore Alessandra, in quel momento sul balcone di casa, vide la morte della madre.

Sandro Ruotolo, presente all’iniziativa anche nella  veste di presidente dell’Unci (Unione Nazionale Cronisti Italiani) della Campania, ha presentato un elenco dettagliato degli episodi di intimidazione rivolti ai giornalisti nell’ultimo anno. La Campania è una regione ad alta densità criminale e i giornalisti sono più minacciati perché, ha riportato Ruotolo “in alcuni territori la mafia si sente padrona”. Ma avverte:  “Senza riflettori accesi è a repentaglio anche la sicurezza dei cittadini”; quindi la politica “non può abbassare la guardia”, né tanto meno “delegittimare i giornalisti”.

A suggello delle parole di Ruotolo, purtroppo, la denuncia ai carabinieri del giornalista casertano Mario De Michele, direttore di Campanianotizie.com, per essere stato vittima di un agguato a colpi di arma da fuoco a Gricignano d’Aversa (Caserta), pochi giorni fa: “10 colpi proiettili sparati ad altezza uomo, 6 dei quali hanno centrato la macchina”. De Micheli ha ringraziato l’Arma grazie alla quale “ho potuto continuare a fare il mio lavoro”.

Lavora sempre nel casertano Marilena Natale, da anni sotto scorta per le sue inchieste e denunce contro la camorra. Ma la coraggiosa giornalista non parla della sua situazione, chiede invece ai rappresentanti delle istituzioni di andare sul territorio “per vedere come vivono i colleghi che si prendono le bastonate per 3 euro a pezzo”.

Poi ha preso la parola Donato Ungaro, vigile urbano che ha perso il lavoro nel 2002 per aver denunciato le infiltrazioni mafiose a Brescello, primo Comune emiliano sciolto per mafia. Ungaro collaborava, con l’autorizzazione dell’Amministrazione comunale, con il giornale La Gazzetta di Reggio, a 4 euro a pezzo. Soltanto dopo 13 anni è giunta la sentenza della Corte di Cassazione ha dichiarato il suo licenziamento da vigile urbano illegittimo. Nel frattempo Ungaro è diventato conducente di autobus e giornalista professionista.

Sigfrido Ranucci, infine, giornalista e conduttore della trasmissione di Rai 3, Report, oltre a parlare delle 165 denunce arrivate alla trasmissione (100 ancora in piedi) ha evidenziato 2 forme specifiche di pressione “quella esercitata dalle aziende che tolgono la pubblicità dopo un’inchiesta giornalistica” e la questione della tutela delle fonti che vanno protette “anche da espedienti consentiti dal diritto, oltre che dai tentativi di spionaggio”.

Sotto tutela del 2010 ancora una volta per inchieste condotte sulla criminalità organizzata, in questi giorni Ranucci ha denunciato l’attacco informatico condotto da alcuni hacker sul proprio account e che si sono impossessati di dati sensibili personali  e, di conseguenza  della trasmissione e della stessa Rai. Considerando “la struttura delicata” come Report è – aveva in precedenza dichiarato Ranucci – è un grosso rischio: nelle nostre mail viaggiano le strategie legali per difenderci dalle tante querele”, ma soprattutto “viaggiano le informazioni che ci danno le fonti” messe, così, a repentaglio.

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