Parole, parole, parole. Ma se si tratta di hate speech come la mettiamo?

Polonio: “Che cosa state leggendo, mio signore? – Amleto: “Parole, parole, parole”. Così scrive William Shakespeare nel secondo atto dell’Amleto.

Soltanto parole? In realtà se non disponessimo del linguaggio, non riusciremmo a elaborare e costruire i nostri pensieri, che rimarrebbero allo stadio d’intuizione e istinto senza la mediazione della riflessione. Che cosa saremmo e di che natura sarebbe la convivenza fra noi umani? La comunicazione con noi stessi significa definizione della nostra personalità, scambi d’idee con il prossimo, quindi, conoscenza e crescita personale e collettiva.

Per la sua importanza al linguaggio, precisamente al linguaggio pubblico, è dedicato il World Speech Day, al quale nel 2018, per la prima volta, ha aderito anche l’Italia.
L’evento principale della Giornata Mondiale della Parola si è svolto presso Palazzo Vecchio a Firenze, culla della nostra lingua, il 15 marzo 2018. A presiederla, un preoccupato Armando Cristofori, ambasciatore globale del World Speech Day, il quale ha reso noto un dato poco confortante e, tanto meno, rassicurante: in Italia l’hate speech (discorsi d’odio) ha raggiunto livelli paragonabili a nessun altro Paese in “ambito globale”.

Siamo, dunque, i maggiori odiatori al mondo?. Sembra proprio di sì: nel web fioccano le ingiurie violente.  “Nei campi più diversi, dalla politica allo sport fino alla cronaca – ha avvertito Cristofori – il rancore e l’odio che circolano sui social network stanno scoprendo le profonde divisioni fino a poco tempo fa rimaste sopite del Paese e la loro virulenza sta arrivando vicino a soglie pericolose”.
E poiché sia nel bene sia nel male raramente di tratta solo di parole, parole, parole, quando sono cattive diventano distruttive ed è necessario porvi rimedio.

I provvedimenti. Così l’Italia

L’ultimo Governo italiano, nel dicembre 2017, ha istituito la Consulta permanente per il contrasto ai crimini d’odio e ai discorsi d’odio. Un’attività di monitoraggio e analisi permanente, in grado di offrire supporto ma anche interventi e iniziative sia a livello nazionale sia europeo.
Il ministero della Giustizia coordina la Consulta, della quale fanno parte le Associazioni, le Agenzie, le Comunità, le Fondazioni e Unioni religiose, che hanno accumulato esperienza e proposto soluzioni di contrasto ai comportamenti d’odio.

La Consulta e il proseguimento del Tavolo Interistituzionale per la lotta all’odio e alle intolleranze sul web nato nel 2013 coordinato dal Dipartimento della Gioventù e dal Servizio Civile Nazionale che ha aperto il sito nohatespeech.it, dove è possibile segnalare un episodio di odio sia come vittima sia come testimone.

Così in Germania

Più vigorosa è stata la reazione della Germania che,  prima nazione al mondo, ha approvato una legge contro l’hate speech online, il Network Enforcement Act (NetzDG), entrata in vigore il 1° gennaio 2018.

La legge tedesca intima a rimuovere i post offensivi che definisce “materiale abusivo evidentemente illegale” entro le 24 ore (una settimana nei “casi complessi”) dalla ricezione di un reclamo.  Se i social network non rispettano i tempi e le norme del provvedimento incorrono in una multa salata: fino a 50 milioni di euro.
Per materiale “illegale” la legge tedesca include i contenuti con elementi già contemplati dal proprio codice penale come: la violazione della privacy attraverso materiale fotografico, la diffamazione, l’incitamento pubblico al crimine, la falsificazione, la diffusione di scene di violenza e, naturalmente, la formazione di organizzazioni terroristiche o criminali.

Per non generare equivoci, l’articolo 1 della legge ricorre all’esplicito distinguo tra piattaforme social e “le piattaforme con offerte editoriali giornalistiche”. Quest’ultime, si specifica nel testo, non sono contemplate come “reti sociali” pertanto sono escluse dall’obbligo della legge.
Considerando la novità, il ministero della Giustizia tedesco ha affidato a un gruppo di lavoro di 50 dipendenti il compito di monitorare i social (Facebook, YouTube, Instagram e Twitter) per appurare l’esatta applicazione della legge.
La Germania confida molto nel nuovo provvedimento, con il quale prevede di avversare la crescita dei crimini d’odio online del 300% rispetto all’andamento degli ultimi anni.

Il tempo dirà se la previsione teutonica sarà certa.

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