Non una di meno. Perché il 25 novembre sia 365 giorni l’anno

non-una-di-meno-manifestazione-contro-la-violenza-sulle-donne“Non una di meno” è la manifestazione nazionale che si terrà sabato 26 novembre 2016, giorno successivo alla Giornata Mondiale contro la Violenza sulle Donne, a Roma e che ha, già da tempo, raccolto numerose adesioni. Il corteo partirà da Piazza della Repubblica per raggiungere Piazza San Giovanni, dove si svolgerà la manifestazione nel corso della quale, senza scaletta né bandiere e istituzioni, si susseguiranno testimonianze di donne e artiste, tra le quali quella dei genitori di Valentina Milluzzo, la donna morta a Catania, come ha informato Tatiana Montella della Rete Io decido, nel corso della conferenza stampa alla Fnsi.

La manifestazione di sabato prossimo non è che “l’inizio di un percorso che ha come scopo la scrittura di un Piano antiviolenza nazionale cui si inizierà a lavorare dal 27 novembre 2016 con un’assemblea plenaria, quando si apriranno i tavoli di discussione tematica, presso la Facoltà di Psicologia dell’Università la Sapienza e si concluderà con una plenaria per stabilire come dare continuità al confronto, all’elaborazione del piano e alla proposta.

Come apprendiamo dal sito Non una di meno, i tavoli tematici si suddivideranno nei seguenti argomenti:

Piano Legislativo e Giuridico;

Lavoro e Welfare;

Educazione alle differenze, all’affettività e alla sessualità: la formazione come strumento di prevenzione e di contrasto alla violenza di genere;

Femminismo migrante;

Sessismo nei movimenti;

Diritto alla salute sessuale e riproduttiva;

Narrazione della violenza attraverso i media;

Percorsi di fuoriuscita dalla violenza;

26-novembre-2016-manifestazione-nazionale-contro-la-violenza-sulla-donne-non-una-di-meno La necessità del Piano antiviolenza nazionale, la spiega Titti Carrano Presidente dell’ Associazione Nazionale dei Centri Antiviolenza D.i.Re. : “C’è un pericolo che incombe su di noi. L’istituzionalizzazione e la standardizzazione degli interventi: nel piano antiviolenza proposto dalle istituzioni i centri antiviolenza creati dalle donne sono equiparati al servizio pubblico, ciò significa neutralizzare la violenza. Vogliamo avviare un grande percorso per costruire dal basso un piano che non sia straordinario è che risponda effettivamente ai bisogni” e ha specificato meglio, partecipando alla trasmissione di Radio Tre “Tutta la città ne parla” : “Serve formare le forze dell’ordine, il personale sanitario e tutti coloro cui una donna maltrattata si rivolge, perché capiscano anche quelle che le donne, per paura, nascondono. Ma serve anche, prima di tutto, una grande operazione culturale, che coinvolga tutti, che mobiliti, 365 giorni l’anno.

Mentre in un’intersvista pubblicata dal sito de La Repubblica, il 4 agosto 2016, sempre Titti Carrano denunciava la mancanza di finanziamenti per i Centri Antiviolenza e il disinteresse da parte della politica, di una seria programmazione per fronteggiare il problema della violenza sulle donne e le sue conseguenze: “Manca una pianificazione fatta col coinvolgimento dei centri che da trent’anni lavorano sul territorio assieme alle sedicimila donne in fuga da compagni violenti. Lasciati senza mezzi e molti centri hanno dovuto tagliare i posti letto, le attività, l’accoglienza e di questo il prezzo lo pagano le donne”. Titti Barrano, nel corso dell’intervista lamenta che “dopo il decreto legge sul  femminicidio del luglio 2014 sono stati stanziati per le Regioni 16 milioni e mezzo di euro per il biennio 2013-14. Ma non tutte (le regioni ndr) hanno impiegato queste somme”.

 

Per informazioni sulla manifestazione e sui tavoli e seguirne l’ attività: Non una di meno.

Per approfondimenti: Dire contro la violenza e Io decido

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